Le foreste possono essere unarma preziosa contro il cambiamento climatico in atto, ma la loro capacità di sequestrare e immagazzinare anidride carbonica dipende anche da come vengono gestite: lo affermano due studi guidati dallIstituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isafom) di Perugia, che cercano di fare luce sul possibile futuro dei boschi europei.
Lobiettivo delle ricerche, pubblicate sulle riviste Science of the Total Environment e Agricultural and Forest Meteorology, è quello di stimolare il dibattito in corso sulle strategie di adattamento, mitigazione e decarbonizzazione basate sulle risorse forestali, in Italia come in Europa.
Ai lavori hanno partecipato, oltre a diversi enti di ricerca europei e americani, anche altri italiani, tra cui le Università di Bologna e della Tuscia, lIstituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), lIstituto di Ricerca sugli Ecosistemi Terrestri del Cnr (Cnr-Iret), lIstituto per la BioEconomia del Cnr (Cnr-Ibe) e la Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (Cmcc) di Viterbo.
Il primo studio, guidato da Riccardo Testolin e Daniela Dalmonech, analizza sei diversi scenari di gestione forestale, utilizzando come modello il sito sperimentale del bacino del Bonis in Calabria, una delle piantagioni artificiali di pino laricio più meridionali in Europa. La ricerca sottolinea il ruolo chiave, per la mitigazione degli impatti del cambiamento climatico, di una gestione attiva delle foreste rispetto allabbandono o allassenza di gestione.
Il secondo studio, guidato da Dalmonech e da Gina Marano (attualmente al Politecnico di Zurigo), valuta invece limpatto dellintensità e della frequenza del taglio degli alberi sulla capacità delle foreste di assorbire la CO2. I risultati mostrano come una corretta gestione forestale porti a un miglioramento, sia in termini di sequestro che di stoccaggio del carbonio commenta Marano indipendentemente dallo scenario di clima considerato.