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"C'è una grande attesa in Europa e in Italia, dove si attende il via libera da parte di Ema (l'Agenzia Europea per i Medicinali) e Aifa, perché teplizumab ha mostrato di essere efficace nel prevenire la perdita di funzione delle cellule beta del pancreas, che nei soggetti con diabete mellito sono aggredite e progressivamente distrutte dal sistema immunitario del paziente". Così in una nota Raffaella Buzzetti, presidente eletto della Società Italiana di Diabetologia (Sid).
Teplizumab è un anticorpo monoclonale, approvato lo scorso novembre dall'agenzia del farmaco americana (l'Fda), in grado di ritardare l'ingresso dei bambini nello stadio più severo del diabete di tipo 1. Il diabete di tipo 1 si sviluppa il tre stadi: quasi tutti i pazienti allo stadio 2 passano al terzo entro 1-5 anni. Lo stadio 3 è il più insidioso con l'entrata nella routine dei numerosi controlli glicemici e delle iniezioni di insulina.
"Possono beneficiarne i soggetti con più di 8 anni di età con predisposizione al diabete tipo 1, nei quali quindi lo screening abbia evidenziato due o più autoanticorpi e che abbiano una condizione di disglicemia", sottolinea il presidente Sid Angelo Avogaro. "Per questo è necessario un programma di screening che individui i soggetti con diabete di tipo 1 allo stadio 2".
Negli studi clinici il trattamento ha dimostrato di ritardare l'esordio della malattia tra 25 e 32,5 mesi. "Si tratta di un vantaggio importante che offre mesi e anni liberi dalla malattia, la possibilità di pianificare e organizzare la vita e, perché no, prendere tempo rispetto a trattamenti che potrebbero curarla", conclude Buzzetti.
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