(ANSA) - ORISTANO, 06 LUG - Prevenire gravi patologie nelle persone che hanno lavorato a contatto con l'amianto. La Asl di Oristano ha fatto da apripista in Sardegna per un progetto assolutamente innovativo a livello mondiale. L'azienda sanitaria è stata la prima a sottoporre 48 residenti nel suo territorio ad una serie di test per individuare marcatori precoci, ovvero sentinelle di malattie.
Il progetto Arrdia (Asbestos related respiratory diseases in industrial areas) proposto da Roberto Cherchi, direttore della struttura complessa di chirurgia toracica dell'Arnas Brotzu di Cagliari e finanziato con fondi europei, è partito dal territorio dell'oristanese in collaborazione con l'associazione regionale ex esposti amianto, presieduta da Giampaolo Lilliu.
Per tre anni i prelievi ed esami sono stati orientati a individuare gli indicatori di tre gravi patologie, sviluppate dall'inalazione di "Absestos", piccole fibre di amianto: i risultati si conosceranno tra settembre e ottobre. Ad esserne interessati non sono solo gli operai, ma anche i loro familiari, come le mogli che pulivano gli indumenti dei propri mariti, contaminati dall'amianto. "A distanza anche di oltre trent'anni questo pericoloso contatto può sviluppare nell'organismo il tumore al polmone, la forma di tumore che provoca più decessi nel mondo. O il tumore alla pleura, la forma di tumore meno curabile e l'interstiziopatia polmonare absestosica, che causa difficoltà nella respirazione e rischia di condizionare in peggio la vita di chi subisce questo tipo di danno - spiega Cherchi - Abbiamo cercato questi marcatori precoci non solo nel sangue, ma anche nel respiro, composto da gas e vapore acqueo.
Con una nuova apparecchiatura abbiamo raccolto le parti acquose del respiro ed ora vogliamo capire se nel sangue e nel respiro si trovi lo stesso tipo di molecole".
Una sperimentazione, che rappresenta una novità a livello mondiale e che verrà replicata nel centro di ricerca sul cancro più importante dell'India, il Tata Memorial Hospital, in collaborazione con l'Università di Cagliari e la ricercatrice Sara de Matteis. (ANSA).