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Malattie rare endocrine, Italia prima in Europa con 20 centri

 Per le malattie rare endocrine, l'Italia è prima in Europa con 20 centri accreditati, ma si registra un forte gap al Sud. Al Meridione sono infatti presenti solo tre centri a Napoli ed uno a Messina. Sono 111 i centri accreditati dall'Unione Europea, e il nostro Paese ne concentra ben 20, più della Germania con 15, della Francia (10) e della Spagna (5).
    A fare il punto sull'assistenza in Italia per questa condizione di rarità, a 5 anni dalla nascita della Rete europea per la cura delle malattie rare endocrine (Endo-Ern), è la quarta edizione del congresso 'Parliamo di Ma.R.E. in Sicilia - Una rete a maglie strette per le malattie rare endocrino-metaboliche', organizzato dall'Unità di Endocrinologia del Policlinico Universitario Martino di Messina, con il patrocinio dalla Società Italiana di Endocrinologia (Sie) e dalla Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (Siedp). Le malattie rare endocrine generano alterazioni del sistema endocrino o del metabolismo e comprendono tumori rari alla tiroide, malattie di ipofisi, surrene e pancreas. Sono più di 150 ma solo 15 riconosciute nei Livelli essenziali di assistenza e solo per queste esistono registri nazionali o regionali. Ciò significa che "per tutte le altre non esistono dati italiani e che i pazienti non possono godere dei diritti riconosciuti ai malati rari", spiega Salvatore Cannavò, direttore del centro Endo-Ern del Policlinico di Messina e segretario Sie. Con il federalismo regionale, inoltre, "non tutti i cittadini hanno accesso allo stesso modo alle terapie, per cui in alcuni casi i pazienti si vedono costretti addirittura a cambiare residenza" commenta Andrea Lenzi, presidente Comitato Biosicurezza, Biotecnologie e Scienze della Vita, ordinario di Endocrinologia alla 'Sapienza' di Roma e responsabile del centro Endo-Ern del Policlinico Umberto I.

Le diversità tra le Regioni nella presa in carico dei pazienti "sono legate anche ai piani di rientro di alcune di queste e quindi all'impossibilità di allargare i Lea con ricadute fortemente negative sui pazienti - aggiunge Maria Piccione, direttore della Genetica dell'Università di Palermo -. E' quindi necessario utilizzare quei pochi strumenti che abbiamo per migliorare e riorganizzare la presa in carico dei pazienti". La doppia marcia tra Nord e Sud "crea grosse difficoltà per i malati rari, non solo nell'accesso alla diagnosi ma anche nella presa in carico", avverte Annalisa Scopinaro, presidente di Uniamo, Federazione Italiana Malattie Rare, mentre il direttore dell'Osservatorio Malattie Rare (Omar), Ilaria Ciancaleoni Bartoli, sottolinea che la "cosa fondamentale comune a tutte le patologie rare è la diagnosi. E' solo con la diagnosi infatti che il malato ha la possibilità di accedere ai percorsi di cura più adatti per trattare e gestire la sua patologia. Su questo - conclude - lo screening neonatale ha certamente un'importanza cruciale".

Adesso, dichiara inoltre Maurizio Scarpa, responsabile del Centro di Coordinamento Regionale Malattie Rare Friuli Venezia Giulia e coordinatore MetabERN, "ci stiamo avviando al secondo quinquennio e stiamo procedendo con la revisione dei membri dell'ERN e del loro funzionamento. C'è una action che sta partendo in questi giorni e che è stata prevista dalla Commissione Europea per permettere agli stati membri di individuare delle strategie di integrazione dei membri ERN all'interno del servizi sanitari nazionali".

   
   

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