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Oncologi, alcol fattore di rischio per cancro al seno ma è sottovalutato

Il consumo eccessivo di alcol è un fattore cancerogeno rilevante ma "ancora sottovalutato", soprattutto in relazione al tumore alla mammella che resta la forma di cancro più diffusa in Italia, con 55.700 nuove diagnosi nel 2022. L'allerta arriva dagli oncologi in occasione del convegno Focus sul Carcinoma Mammario che, giunto alla sua ventesima edizione, riunisce a Udine oltre 500 esperti italiani e stranieri.
    L'alcol, afferma il presidente dell'Associazione Italiana Oncologia Medica (Aiom) Saverio Cinieri, "è uno dei più rilevanti fattori di rischio del tumore del seno anche se vi è una tendenza a sottovalutarlo. Non va assolutamente criminalizzato il consumo di bevande, come vino e birra, però numerose pubblicazioni scientifiche hanno evidenziato il collegamento con la neoplasia mammaria. Vi sono poi altri fattori di rischio conclamati come quelli riproduttivi-ormonali tra cui il menarca precoce, una menopausa tardiva e l'età più avanzata alla prima gravidanza. Infine, non va dimenticata la sedentarietà, una 'malattia' che colpisce il 31% degli adulti italiani". Enormi sono però gli avanzamenti scientifici degli ultimi due decenni. "Nei primi anni 2000 la sopravvivenza a cinque anni era poco più del 76% mentre ora siamo arrivati quasi al 90% - sottolinea Michelino De Laurentiis, Direttore del Dipartimento di Senologia e Toraco-Polmonare dell'Istituto Tumori Pascale di Napoli -. Il merito di questo straordinario successo è da ricercare nella nostra maggiore capacità di definire e individuare i vari sottotipi di carcinoma mammario.
    Da questo passa la forte crescita del nostro arsenale terapeutico anche per le forme più gravi della malattia". "Oggi si parla di medicina di precisione ma, nel caso della patologia mammaria, è interessante analizzare il concetto di chirurgia di precisione - prosegue Samuele Massarut, Direttore dell'Oncologia Chirurgica Senologica del Cro di Aviano -. Gli interventi sono sempre più personalizzati in base alle caratteristiche delle pazienti e della malattia". 

In molti casi, può essere evitata la linfadenectomia ascellare, a livello mammario si è sempre più conservativi, mentre la chirurgia ricostruttiva, sottolinea l'oncologo, "consente di raggiungere ottimi risultati e, laddove il contesto clinico lo consente, può essere proposto il trattamento radiante intraoperatorio". Una delle sfide più difficili restano tuttavia i tumori mammari in fase metastatica, spiega Lucia Del Mastro, direttore della Clinica di Oncologia Medica dell'Irccs Ospedale Policlinico San Martino, Università di Genova. Sono circa 14mila, afferma, "i nuovi casi che registriamo ogni anno in tutta Italia e per queste donne è fondamentale definire un percorso di cura il più possibile personalizzato e che rientri sempre in una gestione multidisciplinare della neoplasia".
In questi ultimi 20 anni, inoltre, il ruolo dell'anatomo-patologo è cresciuto esponenzialmente ed ha assunto una rilevanza fondamentale, conclude Giuseppe Viale, direttore del Dipartimento di Anatomia Patologica e Medicina di Laboratorio, Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano: "La ricerca internazionale, anche grazie a importanti contributi italiani, è riuscita a identificare dei biomarcatori specifici per le varie forme di neoplasia mammaria. Questi rappresentano dei bersagli per le nuove terapie che hanno dimostrato di essere efficaci sia nella malattia avanzata che in quella precoce. E si contano almeno sette diversi biomarcatori per altrettanti trattamenti".

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