Domenica 17 Novembre 2024

E’ doloroso prelevare tessuto gengivale dal palato?

Marco Clementini, Società italiana di parontologia (SIdP) - © ANSA

Le indicazioni cliniche ad eseguire un “trapianto” gengivale sono diverse in campo odontoiatrico. Può essere necessario, ad esempio, per ricostruire il volume di alcune zone dove si è perso un dente naturale, e dove magari appoggia un dente finto che, sorretto da denti adiacenti, costituisce un “ponte”. Può essere indicato in caso di recessione gengivale, un segno clinico che a volte è correlato alla presenza di parodontite ma che può essere anche la sola conseguenza di un trauma meccanico ripetuto nel tempo, come ad esempio quello di un errato spazzolamento dei propri denti. Negli ultimi anni poi si è visto anche come intorno ad un impianto dentale, inserito nell’osso per sostituire un dente naturale perso, sia necessaria un’ adeguata quantità e qualità di “gengiva” al fine di aumentarne la garanzia di successo biologico, funzionale ed estetico.

Sono quindi molteplici le tecniche chirurgiche (cosiddette mucogengivali) che hanno l’obiettivo di ricostruire un adeguato tessuto gengivale. In alcuni casi queste tecniche prevedono un semplice spostamento di un tessuto di buona qualità già presente nelle strette vicinanze. In altri casi invece si rende necessaria un vero e proprio trapianto di tessuto prelevato dal cavo orale dello stesso paziente.

Le sedi dalle quali questo può essere prelevato sono principalmente due: una zona dietro gli ultimi denti posteriori dell’arcata mascellare superiore, che tuttavia non è sempre disponibile per questa procedura oppure, più comunemente, il palato. Quando si parla di prelievo dal palato l’immaginario collettivo per questo tipo di intervento determina in molti pazienti un senso di paura e di timore. Non c’è da spaventarsi però, poiché le tecniche chirurgiche nel corso degli anni si sono evolute e sono diventate, rispetto alle tecniche del passato, minimamente invasive. In altri termini, la quantità di tessuto ormai da prelevare il più delle volte è un piccolo rettangolo alto 4 mm., lungo meno di 1 cm e spesso poco più di 1 mm, rendendo quindi la ferita molto superficiale e poco dolorosa. In una serie di studi presenti in letteratura scientifica sono state comparate le tecniche di prelievo “superficiali” con quelle più “profonde”, ed i risultati hanno mostrato una efficacia simile nell’ottenere una ricostruzione gengivale ma un fastidio post operatorio minore per le tecniche di prelievo superficiale. Dopo questa procedura di solito, come dopo qualsiasi intervento chirurgico ambulatoriale del cavo orale, è necessario seguire una dieta morbida e fredda per alcuni giorni ed assumere al bisogno un classico antidolorifico. La disinfezione con un collutorio a base di clorexidina eviterà una infezione batterica e garantirà una guarigione della zona che sarà completa già a 3-4 settimane dall’intervento. Un intervento quindi che ricorda un pò le ustioni che avvengono sul palato mangiando un cibo molto caldo…una serie di accortezze ed il tempo consentiranno alla ferita di rimarginarsi e la situazione di tornare come se nulla fosse mai successo!

C’è poi una ulteriore buona notizia: la ricerca scientifica negli ultimi anni, di fronte a questa aumentata esigenza, sta lavorando alacremente per avere a

disposizione un prodotto che possa essere sintetizzato industrialmente ed evitare quindi la necessità di prelevare dal palato il tessuto gengivale. Sebbene ancora oggi il gold standard per questo tipo di procedure rimanga l’utilizzo di tessuto gengivale prelevato dallo stesso paziente, i risultati clinici di questi sostituti sono promettenti, e chissà se un giorno non troppo lontano potremmo salvare il palato da questa procedura!

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