L'embolia polmonare ogni anno colpisce oltre 65.000 italiani, spesso giovani. È la terza emergenza cardiovascolare più frequente, dopo l'infarto miocardico e l'ictus, e in un caso su 5 è fatale entro appena 3 mesi dall'evento. La mortalità è diminuita negli ultimi anni grazie agli avanzamenti delle terapie, ma le tecniche all'avanguardia non sono disponibili ovunque: accanto alla trombolisi, l'uso di farmaci per 'sciogliere' il trombo che occlude il vaso polmonare provocando l'embolia, oggi vi è la trombectomia percutanea, un intervento mininvasivo che aiuta a risolvere i casi più seri e ad alto rischio ma che solo il 2% dei centri di emodinamica italiani è in grado di offrire. Lo evidenzia la Società Italiana di Cardiologia Interventistica (Gise), in occasione del 43° congresso a Milano, sottolineando la necessità di creare una rete di centri e percorsi di cura adeguati alle esigenze dei pazienti, per intervenire con la modalità migliore per ciascuno e tempestivamente.
"La tromboembolia polmonare si verifica quando un coagulo di sangue che si forma nel circolo venoso periferico arriva a occludere un vaso polmonare - spiega Giovanni Esposito, presidente Gise- i sintomi includono difficoltà di respiro, dolore toracico, battito cardiaco accelerato e si può arrivare a un'instabilità cardiaca che richiede immediato intervento. I pazienti vanno in Pronto Soccorso e spesso il percorso diagnostico è lento, mentre come per l'infarto acuto del miocardio ogni minuto conta".Una possibilità di cura è la trombolisi, ma in Italia circa 1200 pazienti l'anno ad alto rischio possono andare incontro ad emorragie e non possono sottoporvisi. In alternativa il trombo può essere rimosso chirurgicamente, con un intervento tuttavia complesso e che pochi centri sono in grado di eseguire. La possibilità più all'avanguardia è la trombectomia per via percutanea: si accede al circolo tramite catetere attraverso vasi periferici, per arrivare al trombo ed eliminarlo meccanicamente. "I possibili candidati sono pazienti a rischio intermedio-alto, stimati in almeno 10.000 all'anno, e i circa 1200 casi con controindicazioni alla trombolisi- sottolinea Esposito- solo il 2% dei centri di emodinamica può offrire il trattamento transcatetere: è fondamentale che ve ne sia almeno uno in ogni Regione".