(ANSA) - ROMA - Le diagnosi e i decessi per tumore al fegato rischiano di subire nei prossimi 20 anni un'impennata del 55%, arrivando a fare registrare fino a 1,4 milioni di nuovi casi e 1,3 milioni di morti. Le stime sono contenute in un'analisi condotta da un gruppo di ricercatori dell'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc), pubblicata su Journal of Hepatology.
Il documento riferisce come nel mondo, già nel 2020, si siano contati oltre 900mila nuove diagnosi e 830mila decessi per tumore al fegato. Questa neoplasia è stata tra le prime tre cause di morte per cancro in di 46 Paesi in tutto il mondo e tra le prime cinque in 90 Paesi. La maggior parte di questi Paesi si trova nell'Asia orientale e sudorientale, nell'Africa settentrionale e occidentale e nell'America centrale. Tuttavia, sottolinea lo studio, il tumore al fegato è una delle prime cinque cause di morte per cancro anche in alcune aree d'Europa, compresa l'Italia.
Un carico, in termini di anni di malattia e vite perse, che senza interventi mirati è destinato a crescere. Le stime dei ricercatori parlano infatti di un aumento delle diagnosi del 55% entro il 2040, che porterà in totale a circa 1,4 milioni di malati nel mondo, e del 56,4% dei decessi, che raggiungeranno quota 1,3 milioni.
Secondo l'analisi dei ricercatori, l'unico modo per evitare questa impennata è ridurre di almeno il 3%, ogni anno, l'attuale incidenza di cancro al fegato e i tassi di mortalità. Per Isabelle Soerjomataram, tra gli autori dell'analisi, la strada verso questo obiettivo è percorribile: "I successi degli ultimi anni nel controllo del virus dell'epatite B e del virus dell'epatite C si rifletteranno nei tassi di cancro al fegato dei prossimi decenni. Gli sforzi devono però essere sostenuti e rafforzati, soprattutto dopo la frenata registrata a causa della pandemia di Covid-19". (ANSA).
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