(ANSA) - ROMA, 19 SET - L'uso di molti farmaci antiepilettici, l'assenza di anticorpi diretti contro i neuroni e la resistenza alle terapie potrebbero essere i fattori alla base della cronicizzazione dell'epilessia in seguito a un attacco autoimmunitario del cervello. A suggerirlo è uno studio multicentrico coordinato dall'Irccs San Martino di Genova, in collaborazione con l'Ospedale Pediatrico Salesi di Ancona e con il patrocinio della Lega Italiana Contro l'Epilessia (LICE), pubblicato su Journal of Neurology, Neurosurgery and Psychiatry.
Lo studio, che apre la strada a nuove terapie personalizzate che potrebbero modificare la storia della malattia, ha coinvolto 34 centri in tutta Italia, per un totale di 263 pazienti seguiti nell'arco di 10 anni, e ha consentito di individuare diversi fattori di rischio e biomarcatori che predicono la probabilità di cronicizzazione delle crisi epilettiche.
"I dati mostrano che ciò accade nel 44% dei pazienti colpiti da un attacco autoimmune al sistema nervoso centrale ma soprattutto che", in 8 pazienti su 10, "il rischio di successiva epilessia aumenta se le crisi acute sono resistenti alle terapie nonostante un alto numero di farmaci anticrisi utilizzati per controllare gli episodi, se non sono presenti specifici anticorpi diretti contro i neuroni e se l'immunoterapia è risultata inefficace nella fase acuta della malattia anche per un ritardo nella sua somministrazione", spiega Flavio Villani, direttore dell'Unità di Neurofisiopatologia del Policlinico San Martino e coordinatore del progetto.
"Riconoscere tempestivamente questi pazienti a rischio - ha evidenziato Villani - è fondamentale, perché così si può accelerare l'inizio di un'immunoterapia riducendo il rischio di un danno cerebrale permanente che può portare a un'epilessia cronica, irreversibile e difficile da gestire". (ANSA).
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