Lunedì 18 Novembre 2024

La chirurgia parodontale è dolorosa?

Prof. Francesco Cairo, Presidente Eletto SIdP - © ANSA

La parodontite è una malattia che colpisce circa un italiano su due al di sopra dei 35 anni. Nella fascia di età al di sopra dei 65 anni ne soffre più del 70% della popolazione. Di questi circa il 15% è colpito da una forma grave che può portare in tempi più o meno rapidi alla perdita degli elementi dentali. Questa malattia nelle fasi iniziali è sostanzialmente indolore e i primi segni della sua manifestazione possono essere il sanguinamento gengivale o l'alito cattivo. In passato per i non addetti ai lavori una diagnosi di parodontite (comunemente chiamata piorrea) poteva suonare come una condanna, ci rassegnava a dover prima o poi portare la dentiera.

Grazie al progredire della ricerca, sono ormai decenni che non è più così. La parodontite, soprattutto quando diagnosticata in una fase ancora non grave, si può curare con terapie predicibili che consentono di mantenere la propria dentatura per tutta la vita.

La terapia parodontale generalmente si compone di due fasi attive: una prima, nella quale si migliora la qualità dell'igiene orale quotidiana da parte del paziente e vengono rimossi placca e tartaro dal professionista odontoiatra o igienista dentale mettendo sotto controllo l'infezione e l'infiammazione. Nelle forme più avanzate può essere necessaria una seconda fase, cosiddetta chirurgica, dove attraverso degli interventi vengono corretti i danni causati dalla malattia ai tessuti profondi che supportano il dente. L’osso viene rimodellato o rigenerato.

La parola chirurgia può incutere un certo timore nell'immaginario collettivo, questo perché magari non si conoscono modalità, tempi di guarigione e decorso postoperatorio. In realtà l'avanzamento della ricerca nell’ambito della chirurgia parodontale, lo sviluppo di nuove tecniche e nuovi strumenti permettono di intervenire in modo sempre più mirato e sempre meno invasivo.

Gli interventi di chirurgia parodontale vengono eseguiti in anestesia locale ovvero con la stessa anestesia che viene utilizzata anche per le altre cure odontoiatriche quali otturazioni o devitalizzazioni.

Nella maggior parte dei casi oggi quando si parla di chirurgia parodontale si parla di interventi minimamente invasivi che richiedono incisioni di pochi millimetri solo su un lato del dente grazie alle quali è spesso possibile rigenerare i tessuti ossei e gengivali che sorreggono i denti in maniera praticamente indolore. Anche quando la situazione clinica richieda di lavorare in zone più estese della bocca, a causa del coinvolgimento di più denti, nuove tecniche come quella della preservazione delle fibre hanno dimostrato dare meno discomfort ai pazienti nelle successive settimane all'intervento rispetto ad approcci più tradizionali. Recenti studi sul tema condotti da gruppi di ricerca dell'Università di Torino e dell'Università di Firenze hanno infatti verificato come i moderni approcci alla chirurgia parodontale si traducano in una significativa riduzione della sensibilità, del dolore e dell’uso di antidolorifici dopo l’intervento.

Sebbene la chirurgia parodontale sia sempre meno invasiva e dolorosa, è bene sottolineare come la prevenzione e la diagnosi precoce rimangano le armi migliori. È importante non sottovalutare i primi segni di infiammazione gengivale come il sanguinamento e non attendere il dolore come sintomo di parodontite. Infatti le terapie non chirurgiche degli stadi meno gravi della malattia sono molto meno dolorose e meno costose di quelle più invasive, correttive.

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