(ANSA) - ROMA, 20 LUG - I controlli per la prevenzione del tumore del collo dell'utero sono raccomandati anche alle donne vaccinate contro il Papilloma virus umano, o Hpv, perché la vaccinazione riduce fortemente il rischio di malattia ma non le protegge al 100%. Tuttavia la frequenza richiesta è minore perché è stato messo a punto un programma di screening specifico per loro. A spiegarlo è un approfondimento pubblicato sulla rubrica online della Federazione degli Ordini dei medici "Dottore ma è vero che?".
L'Hpv è una famiglia di virus che ne comprende più di 120 tipi e solo alcuni tipi possono innescare un tumore. La vaccinazione, che protegge dall'infezione e quindi, indirettamente, dal tumore, viene offerta gratuitamente in Italia a tutte le ragazze e i ragazzi al compimento degli 11 anni. Tre sono i vaccini anti-HPV oggi disponibili, ma nessuno di questi protegge dal 100% dei tipi virali ad alto rischio tumorale.
Prima dell'introduzione del vaccino, l'unica arma a disposizione per prevenire il tumore al collo dell'utero, o almeno ridurne la mortalità, era la diagnosi precoce delle lesioni pre-cancerose, grazie al Pap test. Di recente, si è aggiunto anche un nuovo esame, l'Hpv test o test del Dna del Papillomavirus, che permette di diagnosticare un'infezione in corso, quindi prima che diventi pericolosa.
Oggi, anche se l'offerta di screening non è uguale in tutte le Regioni, i Livelli Essenziali di Assistenza prevedono, per le donne non vaccinate, l'offerta del Pap test ogni tre anni dai 25 ai 33-34 anni e poi il test del Dna ogni cinque anni. Per le ragazze che si sono vaccinate, invece, tenendo conto del minor rischio a cui sono esposte, il protocollo messo a punto dal Gruppo Italiano Screening per il Cervico-carcinoma e dall'Osservatorio Nazionale Screening, prevede un Hpv test ogni 5 anni a partire dal compimento dei 30 e nessuna necessità di sottoporsi a Pap test, a meno che l'Hpv test non rilevi la presenza di Dna virale. (ANSA).
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