La sotto-variante BA.2.75 ridisegna il quadro di efficacia degli anticorpi monoclonali. Rispetto a BA.2, BA.4 e BA.5, mostra infatti una minore risposta ad alcuni farmaci, ma è più vulnerabile ad altri. È il dato che emerge da uno studio condotto all'Università di Tokyo e reso disponibile su bioRxiv, piattaforma attraverso cui vengono rese disponibili le ricerche prima della valutazione da parte della comunità scientifica.
"In questo studio, abbiamo valutato la sensibilità della sotto-variante Omicron BA.2.75 a 10 anticorpi monoclonali terapeutici: adintrevimab, bamlanivimab, bebtelovimab, casirivimab, cilgavimab, etesevimab, imdevimab, regdanvimab, sotrovimab e tixagevimab", illustra sul proprio account Twitter il laboratorio guidato dal virologo Kei Sato autore dello studio.
I ricercatori così sintetizzano i risultati della ricerca: "adintrevimab, bamlanivimab, casirivimab, etesevimab e imdevimab non funzionano contro nessuna delle sottovarianti di Omicron testate, che comprendevano BA.2, BA.4/5 e BA.2.75". L'anticorpo monoclonale bebtelovimab "mostrava un robusto effetto antivirale contro BA.2 e BA.4/5, ma BA.2.75 è più resistente a questo anticorpo rispetto a BA.2 (21 volte) e a BA.4/5 (26 volte), suggerendo che bebtelovimab potrebbe non essere una buona scelta per combattere l'infezione da BA.2.75". Ancora: "Analogamente a BA.4/5, BA.2.75 è più resistente a cilgavimab rispetto a BA.2".
La buona notizia è che sotrovimab, tixagevimab e regdanvimab, che "non hanno un'azione antivirale efficiente contro BA.2 e BA.4/5", "sono efficaci contro BA.2.75, suggerendo che questi 3 anticorpi monoclonali possono essere usati per il trattamento anti BA.2.75", conclude il gruppo di ricerca.
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