Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Mostra di Venezia, si parla di cinema, ecco l'ABC del vocabolario cinematografico

80th Venice Film Festival

© ANSA

La Mostra di Venezia, dal 30 agosto al 9 settembre, è tra i principali appuntamenti culturali internazionali e fa parlare di cinema. E' un evento per professionisti, addetti ai lavori e anche per il pubblico che acquista i biglietti sul sito della Biennale per vedere in anteprima i film da tutto il mondo. “Conoscere il gergo specialistico non solo permette agli amanti del grande schermo di avvicinarsi al mondo del cinema con maggiore sicurezza, ma anche di leggere e comprendere a fondo testi critici e recensioni e di conversare con professionisti ed altri appassionati” ha commentato Gianluca Pedrotti, Principal Learning Content Editor di Babbel. Il Lido, durante l’evento, diventa infatti una sorta di “melting pot” dove lingue e culture si incontrano all’insegna di una stessa grande passione condivisa: nell’edizione del 2022, ad esempio, sono stati più di 60.000 i biglietti venduti al pubblico e 12.000 gli accrediti distribuiti a giornalisti e addetti ai lavori provenienti da tutto il mondo

L'inglese è la lingua del cinema

L’influenza di Hollywood e del cinema in lingua inglese sulle tendenze internazionali e sulle tecniche cinematografiche non è certo un segreto, ed è testimoniato anche dalla presenza, nel gergo specialistico, di numerosi inglesismi.
● Cliffhanger: letteralmente significa “chi rimane appeso ad un precipizio”, ma nel gergo cinematografico il termine viene usato per descrivere una brusca interruzione della narrazione che lascia lo spettatore a fiato sospeso: come se si trovasse, appunto, sull’orlo di un precipizio - si tratta di un espediente narrativo particolarmente amato dai registi dei film d’azione, ma è spesso usato anche nelle serie TV creare suspense e fidelizzare gli spettatori.
● Plot twist: si tratta di un evento improvviso e inaspettato nella trama di una storia, che cambia la direzione degli eventi e sorprende lo spettatore - in italiano si può tradurre come “colpo di scena” anche se la traduzione letterale sarebbe “svolta della trama”.
● Cameo: anche se l’origine di questo termine inglese si deve, in realtà, alla parola italiana “cammeo”, utilizzata per designare i caratteristici gioielli in conchiglia, il suo utilizzo nel mondo del cinema si può ricondurre al mondo anglofono e, in questo contesto, designa l’apparizione, di durata generalmente molto ridotta, di un attore rinomato o di un personaggio famoso, spesso nel ruolo di se stesso, la cui presenza aumenta la visibilità del film. Maestro assoluto dell’arte del “cameo” è Alfred Hitchcock, comparso in talmente tanti dei suoi film (all’incirca intorno ai quaranta) da dare il via ad una sorta di “Dov’è Wally?” del cinema. “Sono molti i termini che devono il proprio successo all’estro di alcuni iconici cineasti”, ha commentato a tal proposito Gianluca Pedrotti, Principal Learning Content Editor di Babbel, “dal ‘paparazzo’ felliniano al ‘MacGuffin’ di Hitchcock, utilizzati ancora oggi”. Secondo diverse accreditate teorie, il curioso termine MacGuffin sarebbe stato originariamente coniato dallo sceneggiatore britannico Angus MacPhail, forse giocando con il termine “guff” utilizzato per descrivere, in generale, qualcosa di insignificante o senza valore, ma sarebbe stato poi popolarizzato da Hitchcock: oggi indica, nell’ambito della critica cinematografica, un oggetto o un evento utile a fornire una motivazione alle azioni dei personaggi e a mettere in moto la trama, il cui significato di per sé risulta però irrilevante, rimanendo ignoto allo spettatore. A tal proposito non può non venire in mente la famosa busta, contenente 40.000 dollari, con cui si apre Psycho (1960) - busta che poi, nel corso del film, si rivelerà essere del tutto inutile per lo sviluppo della narrazione.

L'inglese è la lingua del cinema

L’influenza di Hollywood e del cinema in lingua inglese sulle tendenze internazionali e sulle tecniche cinematografiche non è certo un segreto, ed è testimoniato anche dalla presenza, nel gergo specialistico, di numerosi inglesismi.
● Cliffhanger: letteralmente significa “chi rimane appeso ad un precipizio”, ma nel gergo cinematografico il termine viene usato per descrivere una brusca interruzione della narrazione che lascia lo spettatore a fiato sospeso: come se si trovasse, appunto, sull’orlo di un precipizio - si tratta di un espediente narrativo particolarmente amato dai registi dei film d’azione, ma è spesso usato anche nelle serie TV creare suspense e fidelizzare gli spettatori.
● Plot twist: si tratta di un evento improvviso e inaspettato nella trama di una storia, che cambia la direzione degli eventi e sorprende lo spettatore - in italiano si può tradurre come “colpo di scena” anche se la traduzione letterale sarebbe “svolta della trama”.
● Cameo: anche se l’origine di questo termine inglese si deve, in realtà, alla parola italiana “cammeo”, utilizzata per designare i caratteristici gioielli in conchiglia, il suo utilizzo nel mondo del cinema si può ricondurre al mondo anglofono e, in questo contesto, designa l’apparizione, di durata generalmente molto ridotta, di un attore rinomato o di un personaggio famoso, spesso nel ruolo di se stesso, la cui presenza aumenta la visibilità del film. Maestro assoluto dell’arte del “cameo” è Alfred Hitchcock, comparso in talmente tanti dei suoi film (all’incirca intorno ai quaranta) da dare il via ad una sorta di “Dov’è Wally?” del cinema. “Sono molti i termini che devono il proprio successo all’estro di alcuni iconici cineasti”, ha commentato a tal proposito Gianluca Pedrotti, Principal Learning Content Editor di Babbel, “dal ‘paparazzo’ felliniano al ‘MacGuffin’ di Hitchcock, utilizzati ancora oggi”. Secondo diverse accreditate teorie, il curioso termine MacGuffin sarebbe stato originariamente coniato dallo sceneggiatore britannico Angus MacPhail, forse giocando con il termine “guff” utilizzato per descrivere, in generale, qualcosa di insignificante o senza valore, ma sarebbe stato poi popolarizzato da Hitchcock: oggi indica, nell’ambito della critica cinematografica, un oggetto o un evento utile a fornire una motivazione alle azioni dei personaggi e a mettere in moto la trama, il cui significato di per sé risulta però irrilevante, rimanendo ignoto allo spettatore. A tal proposito non può non venire in mente la famosa busta, contenente 40.000 dollari, con cui si apre Psycho (1960) - busta che poi, nel corso del film, si rivelerà essere del tutto inutile per lo sviluppo della narrazione.

L’ABC del vocabolario cinematografico

Benché non si debba essere esperti del settore per poter apprezzare il buon cinema, può comunque capitare di rimanere spiazzati di fronte a termini specialistici e definizioni oppure di non riuscire a trovare le parole giuste per discutere con gli amici del film che si è appena visto. Ecco dunque alcune semplici distinzioni che possono dare una svolta al proprio vocabolario, nonché qualche simpatico aneddoto da aggiungere per fare colpo sugli altri cinefili:
● Cortometraggio, mediometraggio e lungometraggio: a seconda della lunghezza del film si può parlare di cortometraggio se non supera la mezz’ora, di mediometraggio se la durata si colloca tra i 30 minuti e l’ora e di lungometraggio se supera i 60 minuti. Negli Stati Uniti è poi comune la distinzione tra “feature film” - l’equivalente del nostro lungometraggio - e “featurette” - il nostro mediometraggio. Curiosità: Nessuno di questi termini può descrivere compiutamente quello che è considerato il film più lungo mai prodotto, “The Cure for Insomnia” di John Henry Timmis IV. Questa pellicola, presentata per la prima volta presso la School of the Art Institute di Chicago nel 1987, ha l’impressionante durata di 85 ore - ma anche “Novecento” di Bernardo Bertolucci (1976) non scherza: con le sue cinque ore e venti minuti si colloca tra i film commerciali più lunghi di sempre.
● Adattamento, shot-for-shot e remake: si dice “adattamento” o “trasposizione” un film creato basandosi su un’opera non cinematografica già esistente, spesso un romanzo o un fumetto; in genere la trama rimane pressoché invariata, come nel caso di “Trainspotting” (1996), basato sull’omonimo romanzo di Irvine Welsh e reinterpretato da Danny Boyle. Si dice invece “shot-for-shot” un’opera cinematografica che riproduca fedelmente, scena per scena, il film originale (talvolta anche un fumetto o una graphic novel), ma con interpreti differenti: è questo il caso del thriller psicologico “Funny Games”, del 2007, diretto da Michael Haneke, che ricalca in toto l’omonimo film austriaco del 1997 dello stesso regista. Un “remake” è, infine, il rifacimento di un’opera anch’essa cinematografica, di cui generalmente si mantiene la storia, cambiando però il cast e l’ambientazione. Curiosità: “The Magnificent Seven” con Denzel Washington e Ethan Hawke del 2016, diretto da Antoine Fuqua, è addirittura un “remake di un remake”, in quanto anche il rinomato western di John Sturges del 1960 rappresenta a sua volta il rifacimento dei “Sette samurai” di Akira Kurosawa (1954).
● Live action e animazione: quando si parla di “live action” non ci si riferisce ad un film d’azione, bensì ad un’opera audiovisiva in cui gli attori e gli oggetti di scena sono reali e non animati al computer o generati digitalmente; in particolare, il termine si usa per descrivere, per contrasto, pellicole o serie tv la cui trama si basa su cartoni animati e fumetti, come ad esempio l’iconica “La famiglia Addams” prodotta da David Levy negli anni ‘60 a partire dalle strisce di Charles Addams.
● Cinema d’autore e cinema d’essai: fanno parte del cinema d’autore quei film in cui emergono chiaramente il gusto, lo stile e la personalità del regista, che spesso svolge anche il ruolo di sceneggiatore - come ad esempio Nanni Moretti nel suo “Il sol dell’avvenire” (2023) dove ricopre anche il ruolo di protagonista. Questa tipologia di cinema incontra spesso il gusto di un pubblico di nicchia, lo stesso che frequenta i cosiddetti cinema d’essai (dal francese cinéma d’art et d’essai, letteralmente “cinema d’arte e di prova”), sale cinematografiche la cui programmazione include film indipendenti e all’avanguardia.

L’ABC del vocabolario cinematografico

Benché non si debba essere esperti del settore per poter apprezzare il buon cinema, può comunque capitare di rimanere spiazzati di fronte a termini specialistici e definizioni oppure di non riuscire a trovare le parole giuste per discutere con gli amici del film che si è appena visto. Ecco dunque alcune semplici distinzioni che possono dare una svolta al proprio vocabolario, nonché qualche simpatico aneddoto da aggiungere per fare colpo sugli altri cinefili:
● Cortometraggio, mediometraggio e lungometraggio: a seconda della lunghezza del film si può parlare di cortometraggio se non supera la mezz’ora, di mediometraggio se la durata si colloca tra i 30 minuti e l’ora e di lungometraggio se supera i 60 minuti. Negli Stati Uniti è poi comune la distinzione tra “feature film” - l’equivalente del nostro lungometraggio - e “featurette” - il nostro mediometraggio. Curiosità: Nessuno di questi termini può descrivere compiutamente quello che è considerato il film più lungo mai prodotto, “The Cure for Insomnia” di John Henry Timmis IV. Questa pellicola, presentata per la prima volta presso la School of the Art Institute di Chicago nel 1987, ha l’impressionante durata di 85 ore - ma anche “Novecento” di Bernardo Bertolucci (1976) non scherza: con le sue cinque ore e venti minuti si colloca tra i film commerciali più lunghi di sempre.
● Adattamento, shot-for-shot e remake: si dice “adattamento” o “trasposizione” un film creato basandosi su un’opera non cinematografica già esistente, spesso un romanzo o un fumetto; in genere la trama rimane pressoché invariata, come nel caso di “Trainspotting” (1996), basato sull’omonimo romanzo di Irvine Welsh e reinterpretato da Danny Boyle. Si dice invece “shot-for-shot” un’opera cinematografica che riproduca fedelmente, scena per scena, il film originale (talvolta anche un fumetto o una graphic novel), ma con interpreti differenti: è questo il caso del thriller psicologico “Funny Games”, del 2007, diretto da Michael Haneke, che ricalca in toto l’omonimo film austriaco del 1997 dello stesso regista. Un “remake” è, infine, il rifacimento di un’opera anch’essa cinematografica, di cui generalmente si mantiene la storia, cambiando però il cast e l’ambientazione. Curiosità: “The Magnificent Seven” con Denzel Washington e Ethan Hawke del 2016, diretto da Antoine Fuqua, è addirittura un “remake di un remake”, in quanto anche il rinomato western di John Sturges del 1960 rappresenta a sua volta il rifacimento dei “Sette samurai” di Akira Kurosawa (1954).
● Live action e animazione: quando si parla di “live action” non ci si riferisce ad un film d’azione, bensì ad un’opera audiovisiva in cui gli attori e gli oggetti di scena sono reali e non animati al computer o generati digitalmente; in particolare, il termine si usa per descrivere, per contrasto, pellicole o serie tv la cui trama si basa su cartoni animati e fumetti, come ad esempio l’iconica “La famiglia Addams” prodotta da David Levy negli anni ‘60 a partire dalle strisce di Charles Addams.
● Cinema d’autore e cinema d’essai: fanno parte del cinema d’autore quei film in cui emergono chiaramente il gusto, lo stile e la personalità del regista, che spesso svolge anche il ruolo di sceneggiatore - come ad esempio Nanni Moretti nel suo “Il sol dell’avvenire” (2023) dove ricopre anche il ruolo di protagonista. Questa tipologia di cinema incontra spesso il gusto di un pubblico di nicchia, lo stesso che frequenta i cosiddetti cinema d’essai (dal francese cinéma d’art et d’essai, letteralmente “cinema d’arte e di prova”), sale cinematografiche la cui programmazione include film indipendenti e all’avanguardia.

L'inglese è la lingua del cinema

L’influenza di Hollywood e del cinema in lingua inglese sulle tendenze internazionali e sulle tecniche cinematografiche non è certo un segreto, ed è testimoniato anche dalla presenza, nel gergo specialistico, di numerosi inglesismi.
● Cliffhanger: letteralmente significa “chi rimane appeso ad un precipizio”, ma nel gergo cinematografico il termine viene usato per descrivere una brusca interruzione della narrazione che lascia lo spettatore a fiato sospeso: come se si trovasse, appunto, sull’orlo di un precipizio - si tratta di un espediente narrativo particolarmente amato dai registi dei film d’azione, ma è spesso usato anche nelle serie TV creare suspense e fidelizzare gli spettatori.
● Plot twist: si tratta di un evento improvviso e inaspettato nella trama di una storia, che cambia la direzione degli eventi e sorprende lo spettatore - in italiano si può tradurre come “colpo di scena” anche se la traduzione letterale sarebbe “svolta della trama”.
● Cameo: anche se l’origine di questo termine inglese si deve, in realtà, alla parola italiana “cammeo”, utilizzata per designare i caratteristici gioielli in conchiglia, il suo utilizzo nel mondo del cinema si può ricondurre al mondo anglofono e, in questo contesto, designa l’apparizione, di durata generalmente molto ridotta, di un attore rinomato o di un personaggio famoso, spesso nel ruolo di se stesso, la cui presenza aumenta la visibilità del film. Maestro assoluto dell’arte del “cameo” è Alfred Hitchcock, comparso in talmente tanti dei suoi film (all’incirca intorno ai quaranta) da dare il via ad una sorta di “Dov’è Wally?” del cinema. “Sono molti i termini che devono il proprio successo all’estro di alcuni iconici cineasti”, ha commentato a tal proposito Gianluca Pedrotti, Principal Learning Content Editor di Babbel, “dal ‘paparazzo’ felliniano al ‘MacGuffin’ di Hitchcock, utilizzati ancora oggi”. Secondo diverse accreditate teorie, il curioso termine MacGuffin sarebbe stato originariamente coniato dallo sceneggiatore britannico Angus MacPhail, forse giocando con il termine “guff” utilizzato per descrivere, in generale, qualcosa di insignificante o senza valore, ma sarebbe stato poi popolarizzato da Hitchcock: oggi indica, nell’ambito della critica cinematografica, un oggetto o un evento utile a fornire una motivazione alle azioni dei personaggi e a mettere in moto la trama, il cui significato di per sé risulta però irrilevante, rimanendo ignoto allo spettatore. A tal proposito non può non venire in mente la famosa busta, contenente 40.000 dollari, con cui si apre Psycho (1960) - busta che poi, nel corso del film, si rivelerà essere del tutto inutile per lo sviluppo della narrazione.

L'inglese è la lingua del cinema

L’influenza di Hollywood e del cinema in lingua inglese sulle tendenze internazionali e sulle tecniche cinematografiche non è certo un segreto, ed è testimoniato anche dalla presenza, nel gergo specialistico, di numerosi inglesismi.
● Cliffhanger: letteralmente significa “chi rimane appeso ad un precipizio”, ma nel gergo cinematografico il termine viene usato per descrivere una brusca interruzione della narrazione che lascia lo spettatore a fiato sospeso: come se si trovasse, appunto, sull’orlo di un precipizio - si tratta di un espediente narrativo particolarmente amato dai registi dei film d’azione, ma è spesso usato anche nelle serie TV creare suspense e fidelizzare gli spettatori.
● Plot twist: si tratta di un evento improvviso e inaspettato nella trama di una storia, che cambia la direzione degli eventi e sorprende lo spettatore - in italiano si può tradurre come “colpo di scena” anche se la traduzione letterale sarebbe “svolta della trama”.
● Cameo: anche se l’origine di questo termine inglese si deve, in realtà, alla parola italiana “cammeo”, utilizzata per designare i caratteristici gioielli in conchiglia, il suo utilizzo nel mondo del cinema si può ricondurre al mondo anglofono e, in questo contesto, designa l’apparizione, di durata generalmente molto ridotta, di un attore rinomato o di un personaggio famoso, spesso nel ruolo di se stesso, la cui presenza aumenta la visibilità del film. Maestro assoluto dell’arte del “cameo” è Alfred Hitchcock, comparso in talmente tanti dei suoi film (all’incirca intorno ai quaranta) da dare il via ad una sorta di “Dov’è Wally?” del cinema. “Sono molti i termini che devono il proprio successo all’estro di alcuni iconici cineasti”, ha commentato a tal proposito Gianluca Pedrotti, Principal Learning Content Editor di Babbel, “dal ‘paparazzo’ felliniano al ‘MacGuffin’ di Hitchcock, utilizzati ancora oggi”. Secondo diverse accreditate teorie, il curioso termine MacGuffin sarebbe stato originariamente coniato dallo sceneggiatore britannico Angus MacPhail, forse giocando con il termine “guff” utilizzato per descrivere, in generale, qualcosa di insignificante o senza valore, ma sarebbe stato poi popolarizzato da Hitchcock: oggi indica, nell’ambito della critica cinematografica, un oggetto o un evento utile a fornire una motivazione alle azioni dei personaggi e a mettere in moto la trama, il cui significato di per sé risulta però irrilevante, rimanendo ignoto allo spettatore. A tal proposito non può non venire in mente la famosa busta, contenente 40.000 dollari, con cui si apre Psycho (1960) - busta che poi, nel corso del film, si rivelerà essere del tutto inutile per lo sviluppo della narrazione.

L’ABC del vocabolario cinematografico

Benché non si debba essere esperti del settore per poter apprezzare il buon cinema, può comunque capitare di rimanere spiazzati di fronte a termini specialistici e definizioni oppure di non riuscire a trovare le parole giuste per discutere con gli amici del film che si è appena visto. Ecco dunque alcune semplici distinzioni che possono dare una svolta al proprio vocabolario, nonché qualche simpatico aneddoto da aggiungere per fare colpo sugli altri cinefili:
● Cortometraggio, mediometraggio e lungometraggio: a seconda della lunghezza del film si può parlare di cortometraggio se non supera la mezz’ora, di mediometraggio se la durata si colloca tra i 30 minuti e l’ora e di lungometraggio se supera i 60 minuti. Negli Stati Uniti è poi comune la distinzione tra “feature film” - l’equivalente del nostro lungometraggio - e “featurette” - il nostro mediometraggio. Curiosità: Nessuno di questi termini può descrivere compiutamente quello che è considerato il film più lungo mai prodotto, “The Cure for Insomnia” di John Henry Timmis IV. Questa pellicola, presentata per la prima volta presso la School of the Art Institute di Chicago nel 1987, ha l’impressionante durata di 85 ore - ma anche “Novecento” di Bernardo Bertolucci (1976) non scherza: con le sue cinque ore e venti minuti si colloca tra i film commerciali più lunghi di sempre.
● Adattamento, shot-for-shot e remake: si dice “adattamento” o “trasposizione” un film creato basandosi su un’opera non cinematografica già esistente, spesso un romanzo o un fumetto; in genere la trama rimane pressoché invariata, come nel caso di “Trainspotting” (1996), basato sull’omonimo romanzo di Irvine Welsh e reinterpretato da Danny Boyle. Si dice invece “shot-for-shot” un’opera cinematografica che riproduca fedelmente, scena per scena, il film originale (talvolta anche un fumetto o una graphic novel), ma con interpreti differenti: è questo il caso del thriller psicologico “Funny Games”, del 2007, diretto da Michael Haneke, che ricalca in toto l’omonimo film austriaco del 1997 dello stesso regista. Un “remake” è, infine, il rifacimento di un’opera anch’essa cinematografica, di cui generalmente si mantiene la storia, cambiando però il cast e l’ambientazione. Curiosità: “The Magnificent Seven” con Denzel Washington e Ethan Hawke del 2016, diretto da Antoine Fuqua, è addirittura un “remake di un remake”, in quanto anche il rinomato western di John Sturges del 1960 rappresenta a sua volta il rifacimento dei “Sette samurai” di Akira Kurosawa (1954).
● Live action e animazione: quando si parla di “live action” non ci si riferisce ad un film d’azione, bensì ad un’opera audiovisiva in cui gli attori e gli oggetti di scena sono reali e non animati al computer o generati digitalmente; in particolare, il termine si usa per descrivere, per contrasto, pellicole o serie tv la cui trama si basa su cartoni animati e fumetti, come ad esempio l’iconica “La famiglia Addams” prodotta da David Levy negli anni ‘60 a partire dalle strisce di Charles Addams.
● Cinema d’autore e cinema d’essai: fanno parte del cinema d’autore quei film in cui emergono chiaramente il gusto, lo stile e la personalità del regista, che spesso svolge anche il ruolo di sceneggiatore - come ad esempio Nanni Moretti nel suo “Il sol dell’avvenire” (2023) dove ricopre anche il ruolo di protagonista. Questa tipologia di cinema incontra spesso il gusto di un pubblico di nicchia, lo stesso che frequenta i cosiddetti cinema d’essai (dal francese cinéma d’art et d’essai, letteralmente “cinema d’arte e di prova”), sale cinematografiche la cui programmazione include film indipendenti e all’avanguardia.

L’ABC del vocabolario cinematografico

Benché non si debba essere esperti del settore per poter apprezzare il buon cinema, può comunque capitare di rimanere spiazzati di fronte a termini specialistici e definizioni oppure di non riuscire a trovare le parole giuste per discutere con gli amici del film che si è appena visto. Ecco dunque alcune semplici distinzioni che possono dare una svolta al proprio vocabolario, nonché qualche simpatico aneddoto da aggiungere per fare colpo sugli altri cinefili:
● Cortometraggio, mediometraggio e lungometraggio: a seconda della lunghezza del film si può parlare di cortometraggio se non supera la mezz’ora, di mediometraggio se la durata si colloca tra i 30 minuti e l’ora e di lungometraggio se supera i 60 minuti. Negli Stati Uniti è poi comune la distinzione tra “feature film” - l’equivalente del nostro lungometraggio - e “featurette” - il nostro mediometraggio. Curiosità: Nessuno di questi termini può descrivere compiutamente quello che è considerato il film più lungo mai prodotto, “The Cure for Insomnia” di John Henry Timmis IV. Questa pellicola, presentata per la prima volta presso la School of the Art Institute di Chicago nel 1987, ha l’impressionante durata di 85 ore - ma anche “Novecento” di Bernardo Bertolucci (1976) non scherza: con le sue cinque ore e venti minuti si colloca tra i film commerciali più lunghi di sempre.
● Adattamento, shot-for-shot e remake: si dice “adattamento” o “trasposizione” un film creato basandosi su un’opera non cinematografica già esistente, spesso un romanzo o un fumetto; in genere la trama rimane pressoché invariata, come nel caso di “Trainspotting” (1996), basato sull’omonimo romanzo di Irvine Welsh e reinterpretato da Danny Boyle. Si dice invece “shot-for-shot” un’opera cinematografica che riproduca fedelmente, scena per scena, il film originale (talvolta anche un fumetto o una graphic novel), ma con interpreti differenti: è questo il caso del thriller psicologico “Funny Games”, del 2007, diretto da Michael Haneke, che ricalca in toto l’omonimo film austriaco del 1997 dello stesso regista. Un “remake” è, infine, il rifacimento di un’opera anch’essa cinematografica, di cui generalmente si mantiene la storia, cambiando però il cast e l’ambientazione. Curiosità: “The Magnificent Seven” con Denzel Washington e Ethan Hawke del 2016, diretto da Antoine Fuqua, è addirittura un “remake di un remake”, in quanto anche il rinomato western di John Sturges del 1960 rappresenta a sua volta il rifacimento dei “Sette samurai” di Akira Kurosawa (1954).
● Live action e animazione: quando si parla di “live action” non ci si riferisce ad un film d’azione, bensì ad un’opera audiovisiva in cui gli attori e gli oggetti di scena sono reali e non animati al computer o generati digitalmente; in particolare, il termine si usa per descrivere, per contrasto, pellicole o serie tv la cui trama si basa su cartoni animati e fumetti, come ad esempio l’iconica “La famiglia Addams” prodotta da David Levy negli anni ‘60 a partire dalle strisce di Charles Addams.
● Cinema d’autore e cinema d’essai: fanno parte del cinema d’autore quei film in cui emergono chiaramente il gusto, lo stile e la personalità del regista, che spesso svolge anche il ruolo di sceneggiatore - come ad esempio Nanni Moretti nel suo “Il sol dell’avvenire” (2023) dove ricopre anche il ruolo di protagonista. Questa tipologia di cinema incontra spesso il gusto di un pubblico di nicchia, lo stesso che frequenta i cosiddetti cinema d’essai (dal francese cinéma d’art et d’essai, letteralmente “cinema d’arte e di prova”), sale cinematografiche la cui programmazione include film indipendenti e all’avanguardia.

L'inglese è la lingua del cinema

L’influenza di Hollywood e del cinema in lingua inglese sulle tendenze internazionali e sulle tecniche cinematografiche non è certo un segreto, ed è testimoniato anche dalla presenza, nel gergo specialistico, di numerosi inglesismi.
● Cliffhanger: letteralmente significa “chi rimane appeso ad un precipizio”, ma nel gergo cinematografico il termine viene usato per descrivere una brusca interruzione della narrazione che lascia lo spettatore a fiato sospeso: come se si trovasse, appunto, sull’orlo di un precipizio - si tratta di un espediente narrativo particolarmente amato dai registi dei film d’azione, ma è spesso usato anche nelle serie TV creare suspense e fidelizzare gli spettatori.
● Plot twist: si tratta di un evento improvviso e inaspettato nella trama di una storia, che cambia la direzione degli eventi e sorprende lo spettatore - in italiano si può tradurre come “colpo di scena” anche se la traduzione letterale sarebbe “svolta della trama”.
● Cameo: anche se l’origine di questo termine inglese si deve, in realtà, alla parola italiana “cammeo”, utilizzata per designare i caratteristici gioielli in conchiglia, il suo utilizzo nel mondo del cinema si può ricondurre al mondo anglofono e, in questo contesto, designa l’apparizione, di durata generalmente molto ridotta, di un attore rinomato o di un personaggio famoso, spesso nel ruolo di se stesso, la cui presenza aumenta la visibilità del film. Maestro assoluto dell’arte del “cameo” è Alfred Hitchcock, comparso in talmente tanti dei suoi film (all’incirca intorno ai quaranta) da dare il via ad una sorta di “Dov’è Wally?” del cinema. “Sono molti i termini che devono il proprio successo all’estro di alcuni iconici cineasti”, ha commentato a tal proposito Gianluca Pedrotti, Principal Learning Content Editor di Babbel, “dal ‘paparazzo’ felliniano al ‘MacGuffin’ di Hitchcock, utilizzati ancora oggi”. Secondo diverse accreditate teorie, il curioso termine MacGuffin sarebbe stato originariamente coniato dallo sceneggiatore britannico Angus MacPhail, forse giocando con il termine “guff” utilizzato per descrivere, in generale, qualcosa di insignificante o senza valore, ma sarebbe stato poi popolarizzato da Hitchcock: oggi indica, nell’ambito della critica cinematografica, un oggetto o un evento utile a fornire una motivazione alle azioni dei personaggi e a mettere in moto la trama, il cui significato di per sé risulta però irrilevante, rimanendo ignoto allo spettatore. A tal proposito non può non venire in mente la famosa busta, contenente 40.000 dollari, con cui si apre Psycho (1960) - busta che poi, nel corso del film, si rivelerà essere del tutto inutile per lo sviluppo della narrazione.

L'inglese è la lingua del cinema

L’influenza di Hollywood e del cinema in lingua inglese sulle tendenze internazionali e sulle tecniche cinematografiche non è certo un segreto, ed è testimoniato anche dalla presenza, nel gergo specialistico, di numerosi inglesismi.
● Cliffhanger: letteralmente significa “chi rimane appeso ad un precipizio”, ma nel gergo cinematografico il termine viene usato per descrivere una brusca interruzione della narrazione che lascia lo spettatore a fiato sospeso: come se si trovasse, appunto, sull’orlo di un precipizio - si tratta di un espediente narrativo particolarmente amato dai registi dei film d’azione, ma è spesso usato anche nelle serie TV creare suspense e fidelizzare gli spettatori.
● Plot twist: si tratta di un evento improvviso e inaspettato nella trama di una storia, che cambia la direzione degli eventi e sorprende lo spettatore - in italiano si può tradurre come “colpo di scena” anche se la traduzione letterale sarebbe “svolta della trama”.
● Cameo: anche se l’origine di questo termine inglese si deve, in realtà, alla parola italiana “cammeo”, utilizzata per designare i caratteristici gioielli in conchiglia, il suo utilizzo nel mondo del cinema si può ricondurre al mondo anglofono e, in questo contesto, designa l’apparizione, di durata generalmente molto ridotta, di un attore rinomato o di un personaggio famoso, spesso nel ruolo di se stesso, la cui presenza aumenta la visibilità del film. Maestro assoluto dell’arte del “cameo” è Alfred Hitchcock, comparso in talmente tanti dei suoi film (all’incirca intorno ai quaranta) da dare il via ad una sorta di “Dov’è Wally?” del cinema. “Sono molti i termini che devono il proprio successo all’estro di alcuni iconici cineasti”, ha commentato a tal proposito Gianluca Pedrotti, Principal Learning Content Editor di Babbel, “dal ‘paparazzo’ felliniano al ‘MacGuffin’ di Hitchcock, utilizzati ancora oggi”. Secondo diverse accreditate teorie, il curioso termine MacGuffin sarebbe stato originariamente coniato dallo sceneggiatore britannico Angus MacPhail, forse giocando con il termine “guff” utilizzato per descrivere, in generale, qualcosa di insignificante o senza valore, ma sarebbe stato poi popolarizzato da Hitchcock: oggi indica, nell’ambito della critica cinematografica, un oggetto o un evento utile a fornire una motivazione alle azioni dei personaggi e a mettere in moto la trama, il cui significato di per sé risulta però irrilevante, rimanendo ignoto allo spettatore. A tal proposito non può non venire in mente la famosa busta, contenente 40.000 dollari, con cui si apre Psycho (1960) - busta che poi, nel corso del film, si rivelerà essere del tutto inutile per lo sviluppo della narrazione.

L’ABC del vocabolario cinematografico

Benché non si debba essere esperti del settore per poter apprezzare il buon cinema, può comunque capitare di rimanere spiazzati di fronte a termini specialistici e definizioni oppure di non riuscire a trovare le parole giuste per discutere con gli amici del film che si è appena visto. Ecco dunque alcune semplici distinzioni che possono dare una svolta al proprio vocabolario, nonché qualche simpatico aneddoto da aggiungere per fare colpo sugli altri cinefili:
● Cortometraggio, mediometraggio e lungometraggio: a seconda della lunghezza del film si può parlare di cortometraggio se non supera la mezz’ora, di mediometraggio se la durata si colloca tra i 30 minuti e l’ora e di lungometraggio se supera i 60 minuti. Negli Stati Uniti è poi comune la distinzione tra “feature film” - l’equivalente del nostro lungometraggio - e “featurette” - il nostro mediometraggio. Curiosità: Nessuno di questi termini può descrivere compiutamente quello che è considerato il film più lungo mai prodotto, “The Cure for Insomnia” di John Henry Timmis IV. Questa pellicola, presentata per la prima volta presso la School of the Art Institute di Chicago nel 1987, ha l’impressionante durata di 85 ore - ma anche “Novecento” di Bernardo Bertolucci (1976) non scherza: con le sue cinque ore e venti minuti si colloca tra i film commerciali più lunghi di sempre.
● Adattamento, shot-for-shot e remake: si dice “adattamento” o “trasposizione” un film creato basandosi su un’opera non cinematografica già esistente, spesso un romanzo o un fumetto; in genere la trama rimane pressoché invariata, come nel caso di “Trainspotting” (1996), basato sull’omonimo romanzo di Irvine Welsh e reinterpretato da Danny Boyle. Si dice invece “shot-for-shot” un’opera cinematografica che riproduca fedelmente, scena per scena, il film originale (talvolta anche un fumetto o una graphic novel), ma con interpreti differenti: è questo il caso del thriller psicologico “Funny Games”, del 2007, diretto da Michael Haneke, che ricalca in toto l’omonimo film austriaco del 1997 dello stesso regista. Un “remake” è, infine, il rifacimento di un’opera anch’essa cinematografica, di cui generalmente si mantiene la storia, cambiando però il cast e l’ambientazione. Curiosità: “The Magnificent Seven” con Denzel Washington e Ethan Hawke del 2016, diretto da Antoine Fuqua, è addirittura un “remake di un remake”, in quanto anche il rinomato western di John Sturges del 1960 rappresenta a sua volta il rifacimento dei “Sette samurai” di Akira Kurosawa (1954).
● Live action e animazione: quando si parla di “live action” non ci si riferisce ad un film d’azione, bensì ad un’opera audiovisiva in cui gli attori e gli oggetti di scena sono reali e non animati al computer o generati digitalmente; in particolare, il termine si usa per descrivere, per contrasto, pellicole o serie tv la cui trama si basa su cartoni animati e fumetti, come ad esempio l’iconica “La famiglia Addams” prodotta da David Levy negli anni ‘60 a partire dalle strisce di Charles Addams.
● Cinema d’autore e cinema d’essai: fanno parte del cinema d’autore quei film in cui emergono chiaramente il gusto, lo stile e la personalità del regista, che spesso svolge anche il ruolo di sceneggiatore - come ad esempio Nanni Moretti nel suo “Il sol dell’avvenire” (2023) dove ricopre anche il ruolo di protagonista. Questa tipologia di cinema incontra spesso il gusto di un pubblico di nicchia, lo stesso che frequenta i cosiddetti cinema d’essai (dal francese cinéma d’art et d’essai, letteralmente “cinema d’arte e di prova”), sale cinematografiche la cui programmazione include film indipendenti e all’avanguardia.

L’ABC del vocabolario cinematografico

Benché non si debba essere esperti del settore per poter apprezzare il buon cinema, può comunque capitare di rimanere spiazzati di fronte a termini specialistici e definizioni oppure di non riuscire a trovare le parole giuste per discutere con gli amici del film che si è appena visto. Ecco dunque alcune semplici distinzioni che possono dare una svolta al proprio vocabolario, nonché qualche simpatico aneddoto da aggiungere per fare colpo sugli altri cinefili:
● Cortometraggio, mediometraggio e lungometraggio: a seconda della lunghezza del film si può parlare di cortometraggio se non supera la mezz’ora, di mediometraggio se la durata si colloca tra i 30 minuti e l’ora e di lungometraggio se supera i 60 minuti. Negli Stati Uniti è poi comune la distinzione tra “feature film” - l’equivalente del nostro lungometraggio - e “featurette” - il nostro mediometraggio. Curiosità: Nessuno di questi termini può descrivere compiutamente quello che è considerato il film più lungo mai prodotto, “The Cure for Insomnia” di John Henry Timmis IV. Questa pellicola, presentata per la prima volta presso la School of the Art Institute di Chicago nel 1987, ha l’impressionante durata di 85 ore - ma anche “Novecento” di Bernardo Bertolucci (1976) non scherza: con le sue cinque ore e venti minuti si colloca tra i film commerciali più lunghi di sempre.
● Adattamento, shot-for-shot e remake: si dice “adattamento” o “trasposizione” un film creato basandosi su un’opera non cinematografica già esistente, spesso un romanzo o un fumetto; in genere la trama rimane pressoché invariata, come nel caso di “Trainspotting” (1996), basato sull’omonimo romanzo di Irvine Welsh e reinterpretato da Danny Boyle. Si dice invece “shot-for-shot” un’opera cinematografica che riproduca fedelmente, scena per scena, il film originale (talvolta anche un fumetto o una graphic novel), ma con interpreti differenti: è questo il caso del thriller psicologico “Funny Games”, del 2007, diretto da Michael Haneke, che ricalca in toto l’omonimo film austriaco del 1997 dello stesso regista. Un “remake” è, infine, il rifacimento di un’opera anch’essa cinematografica, di cui generalmente si mantiene la storia, cambiando però il cast e l’ambientazione. Curiosità: “The Magnificent Seven” con Denzel Washington e Ethan Hawke del 2016, diretto da Antoine Fuqua, è addirittura un “remake di un remake”, in quanto anche il rinomato western di John Sturges del 1960 rappresenta a sua volta il rifacimento dei “Sette samurai” di Akira Kurosawa (1954).
● Live action e animazione: quando si parla di “live action” non ci si riferisce ad un film d’azione, bensì ad un’opera audiovisiva in cui gli attori e gli oggetti di scena sono reali e non animati al computer o generati digitalmente; in particolare, il termine si usa per descrivere, per contrasto, pellicole o serie tv la cui trama si basa su cartoni animati e fumetti, come ad esempio l’iconica “La famiglia Addams” prodotta da David Levy negli anni ‘60 a partire dalle strisce di Charles Addams.
● Cinema d’autore e cinema d’essai: fanno parte del cinema d’autore quei film in cui emergono chiaramente il gusto, lo stile e la personalità del regista, che spesso svolge anche il ruolo di sceneggiatore - come ad esempio Nanni Moretti nel suo “Il sol dell’avvenire” (2023) dove ricopre anche il ruolo di protagonista. Questa tipologia di cinema incontra spesso il gusto di un pubblico di nicchia, lo stesso che frequenta i cosiddetti cinema d’essai (dal francese cinéma d’art et d’essai, letteralmente “cinema d’arte e di prova”), sale cinematografiche la cui programmazione include film indipendenti e all’avanguardia.

L'inglese è la lingua del cinema

L’influenza di Hollywood e del cinema in lingua inglese sulle tendenze internazionali e sulle tecniche cinematografiche non è certo un segreto, ed è testimoniato anche dalla presenza, nel gergo specialistico, di numerosi inglesismi.
● Cliffhanger: letteralmente significa “chi rimane appeso ad un precipizio”, ma nel gergo cinematografico il termine viene usato per descrivere una brusca interruzione della narrazione che lascia lo spettatore a fiato sospeso: come se si trovasse, appunto, sull’orlo di un precipizio - si tratta di un espediente narrativo particolarmente amato dai registi dei film d’azione, ma è spesso usato anche nelle serie TV creare suspense e fidelizzare gli spettatori.
● Plot twist: si tratta di un evento improvviso e inaspettato nella trama di una storia, che cambia la direzione degli eventi e sorprende lo spettatore - in italiano si può tradurre come “colpo di scena” anche se la traduzione letterale sarebbe “svolta della trama”.
● Cameo: anche se l’origine di questo termine inglese si deve, in realtà, alla parola italiana “cammeo”, utilizzata per designare i caratteristici gioielli in conchiglia, il suo utilizzo nel mondo del cinema si può ricondurre al mondo anglofono e, in questo contesto, designa l’apparizione, di durata generalmente molto ridotta, di un attore rinomato o di un personaggio famoso, spesso nel ruolo di se stesso, la cui presenza aumenta la visibilità del film. Maestro assoluto dell’arte del “cameo” è Alfred Hitchcock, comparso in talmente tanti dei suoi film (all’incirca intorno ai quaranta) da dare il via ad una sorta di “Dov’è Wally?” del cinema. “Sono molti i termini che devono il proprio successo all’estro di alcuni iconici cineasti”, ha commentato a tal proposito Gianluca Pedrotti, Principal Learning Content Editor di Babbel, “dal ‘paparazzo’ felliniano al ‘MacGuffin’ di Hitchcock, utilizzati ancora oggi”. Secondo diverse accreditate teorie, il curioso termine MacGuffin sarebbe stato originariamente coniato dallo sceneggiatore britannico Angus MacPhail, forse giocando con il termine “guff” utilizzato per descrivere, in generale, qualcosa di insignificante o senza valore, ma sarebbe stato poi popolarizzato da Hitchcock: oggi indica, nell’ambito della critica cinematografica, un oggetto o un evento utile a fornire una motivazione alle azioni dei personaggi e a mettere in moto la trama, il cui significato di per sé risulta però irrilevante, rimanendo ignoto allo spettatore. A tal proposito non può non venire in mente la famosa busta, contenente 40.000 dollari, con cui si apre Psycho (1960) - busta che poi, nel corso del film, si rivelerà essere del tutto inutile per lo sviluppo della narrazione.

L’ABC del vocabolario cinematografico

Benché non si debba essere esperti del settore per poter apprezzare il buon cinema, può comunque capitare di rimanere spiazzati di fronte a termini specialistici e definizioni oppure di non riuscire a trovare le parole giuste per discutere con gli amici del film che si è appena visto. Ecco dunque alcune semplici distinzioni che possono dare una svolta al proprio vocabolario, nonché qualche simpatico aneddoto da aggiungere per fare colpo sugli altri cinefili:
● Cortometraggio, mediometraggio e lungometraggio: a seconda della lunghezza del film si può parlare di cortometraggio se non supera la mezz’ora, di mediometraggio se la durata si colloca tra i 30 minuti e l’ora e di lungometraggio se supera i 60 minuti. Negli Stati Uniti è poi comune la distinzione tra “feature film” - l’equivalente del nostro lungometraggio - e “featurette” - il nostro mediometraggio. Curiosità: Nessuno di questi termini può descrivere compiutamente quello che è considerato il film più lungo mai prodotto, “The Cure for Insomnia” di John Henry Timmis IV. Questa pellicola, presentata per la prima volta presso la School of the Art Institute di Chicago nel 1987, ha l’impressionante durata di 85 ore - ma anche “Novecento” di Bernardo Bertolucci (1976) non scherza: con le sue cinque ore e venti minuti si colloca tra i film commerciali più lunghi di sempre.
● Adattamento, shot-for-shot e remake: si dice “adattamento” o “trasposizione” un film creato basandosi su un’opera non cinematografica già esistente, spesso un romanzo o un fumetto; in genere la trama rimane pressoché invariata, come nel caso di “Trainspotting” (1996), basato sull’omonimo romanzo di Irvine Welsh e reinterpretato da Danny Boyle. Si dice invece “shot-for-shot” un’opera cinematografica che riproduca fedelmente, scena per scena, il film originale (talvolta anche un fumetto o una graphic novel), ma con interpreti differenti: è questo il caso del thriller psicologico “Funny Games”, del 2007, diretto da Michael Haneke, che ricalca in toto l’omonimo film austriaco del 1997 dello stesso regista. Un “remake” è, infine, il rifacimento di un’opera anch’essa cinematografica, di cui generalmente si mantiene la storia, cambiando però il cast e l’ambientazione. Curiosità: “The Magnificent Seven” con Denzel Washington e Ethan Hawke del 2016, diretto da Antoine Fuqua, è addirittura un “remake di un remake”, in quanto anche il rinomato western di John Sturges del 1960 rappresenta a sua volta il rifacimento dei “Sette samurai” di Akira Kurosawa (1954).
● Live action e animazione: quando si parla di “live action” non ci si riferisce ad un film d’azione, bensì ad un’opera audiovisiva in cui gli attori e gli oggetti di scena sono reali e non animati al computer o generati digitalmente; in particolare, il termine si usa per descrivere, per contrasto, pellicole o serie tv la cui trama si basa su cartoni animati e fumetti, come ad esempio l’iconica “La famiglia Addams” prodotta da David Levy negli anni ‘60 a partire dalle strisce di Charles Addams.
● Cinema d’autore e cinema d’essai: fanno parte del cinema d’autore quei film in cui emergono chiaramente il gusto, lo stile e la personalità del regista, che spesso svolge anche il ruolo di sceneggiatore - come ad esempio Nanni Moretti nel suo “Il sol dell’avvenire” (2023) dove ricopre anche il ruolo di protagonista. Questa tipologia di cinema incontra spesso il gusto di un pubblico di nicchia, lo stesso che frequenta i cosiddetti cinema d’essai (dal francese cinéma d’art et d’essai, letteralmente “cinema d’arte e di prova”), sale cinematografiche la cui programmazione include film indipendenti e all’avanguardia.

Caricamento commenti

Commenta la notizia