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Angelina Jolie si lancia nella moda sostenibile

Angelina Jolie si butta nella moda sostenibile: la superstar di Hollywood già in prima fila in mille cause umanitarie, tra cui quelle dei rifugiati, degli stupri in zone di guerra e delle adozioni internazionali, ne ha abbracciata una nuova, in linea con gli obiettivi di sviluppo dell'Onu, per cambiare il modo con cui la gente pensa al modo di vestire.
    La nuova linea, che debutterà in autunno, si chiamerà Atelier Jolie e la diva l'ha annunciata in un post sulla sua pagina Instagram: "Voglio unirmi ad altri nello sforzo di democratizzare l'industria della moda, permettendo ai clienti di avere accesso a un collettivo di stilisti emergenti e maestri artigiani", ha scritto Angelina nella didascalia di una foto del logo in caratteri art deco su fondo d'oro. Pochi dettagli sono disponibili: "Datemi fiducia: spero di far crescere questo progetto con voi". Si tratterebbe dunque di una piattaforma: "un luogo in cui gente creativa possa collaborare con una famiglia diversa di sarti, modellisti e artigiani esperti da tutto il mondo. Un posto dove divertirsi. Dove creare i propri modelli in libertà e scoprire se stessi".
    L'ex Lara Croft non è la sola celebrità ad avere un suo brand, basti pensare a Rihanna e Beyoncé. La differenza è che l'attrice non è in campo per propagandare il proprio senso dello stile. L'iniziativa si inserisce in un trend che ha visto le maggiori case di moda allargare la portata globale di una industria profondamente incentrata su valori occidentali. In dicembre Chanel ha portato le sue passerelle in Senegal, mentre Gucci pochi giorni fa ha sfilato in Corea del Sud. Dior a sua volta ha puntato i riflettori sulle ricamatrici indiane, una pratica usata da molte aziende del polo del lusso francese che spesso viene oscurata dalla necessita' di mantenere alto l'orgoglio dell'artigianato nazionale.
    Secondo Emma McClendon, storica della moda che insegna alla St. John University di New York, la Jolie "porterà nel business dell'abbigliamento una prospettiva più globale, dando visibilità a chi ha le capacità di creare a mano alta sartoria" fuori dai canali consueti che portano alle kermesse semestrali di New York, Parigi, Londra e Milano. C'è poi l'enfasi a rendere più sostenibile l'industria della moda: "Useremo solo avanzi, materiali di qualità vintage e giacenze", ha spiegato, mettendosi in linea con quanto fanno brand etici nel polo del lusso come Bode e By Walid che usano tessuti di antiquariato, o Martine Serre, una stilista parigina che usa magliette, asciugamani e lenzuola prodotti in eccesso. (ANSA).
   

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