Salvare l'ambiente e rilanciare la moda europea eliminando la concorrenza di chi produce in Paesi che non rispettano la sostenibilità e i diritti umani.
Questo è l'obiettivo delle nuove raccomandazioni "per una produzione circolare e sostenibile dei tessuti", approvate dalla commissione ambiente del Parlamento europeo con 68 voti a favore e nessuno contrario. Il nemico dichiarato delle nuove norme è la cosiddetta 'fast fashion', di cui il testo fissa anche una definizione: "la combinazione di alti volumi di capi di qualità inferiore a bassi livelli di prezzo". Guerra aperta dunque ai grandi magazzini pieni di magliette e scarpe a pochi euro, pronte a disfarsi dopo i primi utilizzi. Contro la moda usa e getta alza il tiro anche Greenpeace.
"L'industria della moda continua a sfruttare i lavoratori e a generare enormi impatti ambientali", dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia. "Oggi proliferano sul mercato vestiti che le stesse aziende del fast fashion etichettano come eco, green, sostenibili, giusti, ma il più delle volte è solo greenwashing", sottolinea Ungherese.
L'introduzione di un divieto esplicito alla distruzione di prodotti di abbigliamento e calzature invenduti è il fulcro della riforma. Le case di moda saranno quindi obbligate a tenere in commercio le vecchie linee, mettendo fine alla pratica di incenerire i fondi di magazzino per favorire la vendita nelle nuove collezioni. Gli eurodeputati chiedono inoltre l'introduzione di un passaporto elettronico per le merci, che renderà disponibili a tutti i consumatori informazioni dettagliate sul ciclo produttivo dei capi, dando la possibilità di sapere se ciò che ci apprestiamo a comprare rispetta i criteri di sostenibilità. Per l'eurodeputata leghista Elisabetta De Blasis il settore è pronto alla sfida "il tessuto produttivo europeo è capace di creare valore aggiunto grazie a creatività, qualità della produzione e delle maestranze che sono dietro a industrie che ci hanno reso famosi nel mondo" ma attenzione a non "cariare di oneri amministrativi e adempimenti impossibili da raggiungere le nostre piccole e medie imprese" Lo sforzo europeo per allungare la vita ai prodotti intanto non si limita alla sola moda. Infatti, è in dirittura di arrivo anche la ben più ambiziosa normativa sull'Ecodesign, che chiede l'introduzione delle stesse regole anche per le apparecchiature elettroniche, i mobili, gli elettrodomestici e il materiale edile. Il testo, la cui relatrice è l'eurodeputata del Pd Alessandra Moretti, dovrebbe andare al voto finale in commissione a giugno per poi affrontare il voto delle plenaria in luglio. "Grazie al passaporto elettronico dei prodotti, sarà possibile per il consumatore sapere se questi arrivano da Paesi che sfruttano i lavoratori, dando la possibilità di prediligere i prodotti che non fanno concorrenza sleale sui diritti e sulla sostenibilità", spiega Moretti. "Basta alla concorrenza di chi, come Cina e Bangladesh, inquina e sfrutta i lavoratori, aiutiamo i consumatori a scegliere eticamente, e così facendo rilanceremo il Made in Europe", conclude l'eurodeputata.
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