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Moda e lusso, oltre sostenibilità e innovazione la sfida è la formazione

Ci vorrebbe un Masterchef per la moda, un programma tv che faccia diventare irresistibile lavorare in un settore che sembra incredibilmente aver perso fascino vista la carenza di figure professionali che tra fashion e lusso si fa grande fatica ad avere. Artigiani del fare, operai di bottega, quell'eccellenza che applicata al cinema ci porta spesso agli Oscar ma che sembra non avere l'appeal che merita. Tutti vogliono fare gli chef, stare in brigada, le scuole di hotellerie fanno il tutto esaurito ma trovare giovani che hanno voglia di lavorare nella moda e nel lusso in quegli ambiti che confluiscono nella filiera o siano frontman nel retail è una impresa. Fare lo stilista, il direttore creativo, avere Alessandro Michele o Maria Grazia Chiuri come fonte di ispirazione sì ma il pellettiere, il sarto, il ricamatore e così via sono lavori a quanto pare poco attraenti e in estinzione.
E' un allarme emerso dall'incontro, cui l'ANSA ha partecipato in esclusiva, a Palazzo Farnese ospiti dell'ambasciatore di Francia in Italia Christian Masset, con il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, Lucia Borgonzoni, sottosegretaria alla Cultura e con i vertici i vertici di Altagamma, Bottega Veneta, Bulgari, Fendi, Gucci, Hermes Italia, Idee Partners (Gruppo Pattern), LVMH, Tod's, in un dibattito a porte chiuse guidato dalle analisi di Sopra Steria, consulente per la digital transformation e aperto dalla ceo Stefania Pompili. Un confronto tra i player più importanti in un ideale gemellaggio Italia-Francia. Dal tema dato "Sostenibilità e innovazione: nuove sfide e opportunità per il settore", si è arrivati a dibattere sulla formazione: il 36,4% delle imprese dichiara, in una recente proiezione di Unioncamere, difficoltà di reperimento delle competenze professionali adeguate.
Artigiani e operai specializzati del Settore Tessile, Moda e Accessori (che include calzature e pelletteria sono tra le figure di più difficile reperimento (secondo Unioncamere per il 65,5%). In un Paese come l'Italia, a vocazione industriale, con distretti a forte specializzazione manifatturiera e artigianale, la formazione professionale rappresenta una leva strategica per la competitività delle imprese e del sistema del made in Italy. Secondo Unioncamere il settore prevede entro il 2026 tra le 63.000 e le 94.000 nuove assunzioni di professionalità specializzate. Investire sulla formazione professionale appare, quindi, oggi urgente e improcrastinabile è stato detto praticamente all'unanimità dai partecipanti.
C'è chi ha il progetto 'Adotta una scuola' come ha raccontato Stefania Lazzaroni direttrice generale di Altagamma (17 brand collegati e 23 istituti d'istruzione secondaria tecnica e professionale), chi come Tod's ha il programma Botteghe dei Mestieri, racconta Chiara Murano, Head of Corporate Social Responsibility Tod's. Secondo i dati ufficiali del Ministero dell'Istruzione, in Italia sono presenti 1.508 Istituti Professionali, suddivisi in 11 diversi indirizzi. Tra questi, gli Istituti con indirizzo "Industria e artigianato per il Made in Italy" (cui fa riferimento il Settore Tessile, Moda e Accessori) sono 269. "L'education è un obiettivo fondamentale e in Italia dobbiamo ancora giocarcela - ha raccontato Francesca di Carrobio, ceo Hermes Italia che ha sottolineato come anche il retail ossia la rivendita in negozio è in crisi, "nessuno ci vuole venire invece è un vero mestiere di soddisfazione e responsabilità". Manufacto è il nome del progetto Hermes, al terzo anno di vita, che porta nelle scuole elementari, medie e nei licei il savoir fair: gli allievi si cimentano in oggetti in pelle o in legno, esplorando così tre professioni artigianali. Il ministro Urso e la sottosegretaria Borgonzoni hanno ascoltato queste esperienze, la convinzione è che una piattaforma di sistema sia quanto mai necessaria. Anche per collaborare sul tema della sostenibilità, l'altro grande obiettivo di un settore che nel controllo della filiera lunga ha già un primo enorme ostacolo. "L'oro è più sostenibile per definizione - ha sottolineato Jean Christophe Babin ceo Bulgari - e la circolarità la sperimentiamo anche nei nostri stabilimenti, come Valenza 2 100% energicamente green. Abbiamo anche varato, nell'ambito di una riduzione degli scarti, di realizzare accessori con 'avanzi' e spesso sono un primo approccio con il nostro marchio da parte di un target nuovo e giovane che magari prende un bracciale a 300 euro". Gucci tra l'altro ha il progetto Nativa, un programma di agricoltura generativa, Nell'ombrello lusso Lvmh, ha raccontato Eleonora Rizzuto, direttrice sviluppo sostenibile gruppo Bulgari e Lvmh Italia - è stata varata nel Nord Italia una piattaforma logistica su materiali di esubero, invenduti e inutilizzati. Un esempio questo di come "l'innovazione sia al servizio della sostenibilità per creare sinergie tra mercati diversi ma vicini" ha concluso Stefania Pompili, CEO di Sopra Steria Italia. "La transizione digitale ricopre un ruolo nevralgico in quanto abilitatore di efficientamento energetico e misuratore dei risultati raggiunti in materia di compensazione".

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