Forse col tempo è cambiato il concetto di 'eleganza', ma i soldi ovviamente restano e costituiscono la componente 'indispensabile'. Se c'è qualcosa che invece ormai sembra essere sparito è il blasone, sostituito sempre più spesso dal nuovo, pervasivo potere del terzo millennio, ossia l'immagine vincente e popolare sui social, veicolo privilegiato per dettare mode e generare consenso, critiche e, naturalmente, altri soldi. Sembra essere questa la fotografia dei ricchi di oggi in Italia che Michele Masneri propone nel suo "Dinastie", edito da Rizzoli, libro nel quale il giornalista compone una geografia della ricchezza nostrana. Riunendo e di fatto riscrivendo alcuni dei pezzi pubblicati sul giornale per cui lavora, il Foglio, Masneri mette sotto la lente di ingrandimento gli uomini e le donne più abbienti di questo Paese, dimostrando uno spirito d'osservazione quasi 'scientifico'. Se Milano, che sembra diventata una "piccola Manhattan" dice l'autore, è la città ideale per accogliere la coppia Miuccia Prada e Patrizio Bertelli, tanto riservata quanto influente, e i molto più glamour Ferragnez, la royal family italiana di cui si conosce tutto (molto godibile la lettura del reportage realizzato da Masneri a Noto in occasione del matrimonio tra Chiara Ferragni e Fedez), a Torino l'atmosfera è più sobria: qui in posizione forse ormai più defilata restano i mitici Agnelli, la cui dinastia è proseguita dopo la morte dell'Avvocato nel 2003 con gli Elkann, e i rivali De Benedetti. "Trovare una borghesia non folkloristica a Roma è una missione quasi disperata": nella Capitale secondo l'autore il mood cambia rispetto al Nord, e in città troviamo la famiglia allargata dei Calenda (un 'clan' con Carlo in testa ovviamente, ma anche con le 'ramificazioni' Comencini, Infascelli, Tozzi), tra politica, commedia all'italiana e ambizione, e quella dei Malagò, con un Giovanni sempre impegnatissimo che appare come "un Draghi più piacione". Ma dopo le metropoli, non poteva ovviamente mancare la provincia, definita da Masneri 'post moderna' dopo l'incontro tra il mito della fabbrica e il mondo dei social, dove tanti ricchi - dai Beretta, ai Panini agli Agnelli, ma quelli delle pentole - si sono rifugiati e portano avanti con successo il proprio business. Si sorride e si ride spesso leggendo queste pagine, in cui l'autore usa la sua penna acuta e irriverente per svelare vizi e virtù, abitudini e debolezze dei componenti, giovani e meno giovani, delle più ricche e invidiate famiglie italiane. Ma tra indiscrezioni, aneddoti spassosi e alberi genealogici infiniti, nel libro c'è spazio anche per uno sguardo più largo: superando il mondo dorato, bello sì ma spesso anche pieno di ombre, di chi è ben lontano dal preoccuparsi di come arrivare a fine mese, si apre al lettore l'orizzonte di un'Italia ancora volenterosa ma un po' malconcia, che a tratti affonda e poi si riprende riuscendo a galleggiare, e che forse sta cambiando i propri valori. Sullo sfondo poi, ma nemmeno tanto, ci siamo noi, tutti sempre di corsa a barcamenarci tra piccole e grandi crisi, e mai paghi di sognare di cambiar vita, magari cercando l'ispirazione in una imperdibile storia di Instagram o nel nuovissimo post su Facebook dell'influencer di turno.
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