SALISBURGO - L'Unione europea boccia senza appello il piano della premier britannica sulla Brexit e fissa un termine preciso oltre il quale, senza risultati concreti, non è più disposta a negoziare: il vertice europeo di ottobre. Messa alle strette Theresa May un segnale di apertura decide di darlo subito, annunciando una nuova proposta "a breve" sulla cruciale questione dei confini dell'Irlanda, sapendo che questo la metterà in forti difficoltà una volta atterrata a Londra, quando dovrà affrontare i falchi dei suo partito, già sul piede di guerra per le concessioni accordate fino ad ora all'Europa. Ma i 27, in un raro esempio di compattezza, hanno fatto muro di fronte a un piano, quello finalizzato dal premier nella riunione di Chequers, che, semplicemente, come ha detto Tusk in conferenza stampa, "non funzionerà". Ed hanno alzato l'asticella: "siamo scettici e critici sulle proposte" della Gran Bretagna, ha proseguito Tusk, serve "chiarezza" e se non arriverà un segnale "concreto" entro il vertice europeo del prossimo ottobre, il summit straordinario del 17 e 18 novembre non verrà neppure convocato. La data del 29 marzo, stabilita per l'addio di Londra all'Europa e lì dietro l'angolo, inutile continuare a tirarla per le lunghe. "Entro ottobre abbiamo bisogno di passi avanti sostanziali", ha detto la cancelliera Angela Merkel. "Il vertice di ottobre sarà il momento della verità", ha tagliato corto il presidente della commissione europea Jean-Claude Juncker. Parole pronunciate nella consapevolezza che un 'no deal' sarebbe un danno per tutti. Ma anche sapendo che un cattivo accordo potrebbe essere altrettanto dannoso e avere ripercussioni sugli equilibri europei. Già messi alla prova dal risultato del referendum, ferita sempre aperta, tanto che il presidente Francese si è spinto a definire "bugiardi", come riporta con grande enfasi la stampa britannica, tutti coloro che sostengono "che si possa vivere facilmente senza l'Europa".
Il principale nodo, per un accordo Bruxelles-Londra, resta sempre lo stesso: i confini tra Irlanda e Irlanda del Nord e, a cascata, il mercato unico. Il premier britannico continua ad essere convinto che il suo piano sia "il più serio e concreto sul tavolo" ma, forte della possibilità di arrivare ad un vertice straordinario a novembre che può farle guadagnare un mese di tempo anche per lavorare sul fronte interno al suo partito, evita la linea dura. E lancia un ramoscello di ulivo, con una formula anch'essa studiata per prendere tempo: una nuova proposta sui confini dell'Irlanda "a breve". Concetto lasco, che le può permettere di continuare a giocare su due piani, apparentemente sempre più scivolosi. Lasciando sempre aperta la porta del 'no deal'. Tutti "concordiamo - ha detto oggi lanciando la nuova proposta - sul fatto che non ci può essere un accordo" di divorzio "senza un backstop (la clausola di salvaguardia cioè per mantenere l'Irlanda del Nord all'interno delle regole dell'unione doganale in caso di mancato accordo) legalmente vincolante", a garanzia del mantenimento di una frontiera aperta in Irlanda, solo che questo backstop non può separare l'Ulster dalla Gran Bretagna e "dividere il Regno Unito in due territori doganali". Del resto al piano B, temuto in realtà da tutti, mercati compresi, è pronta anche l'Europa, e lo assicura Juncker, ostentando sicurezza: "Puntiamo a trovare un buon accordo, ma se non sarà possibile, siamo preparati anche a un 'no deal', don't worry, be happy".