BRUXELLES - Si riaccendono le discussioni sulla riforma Ue del copyright in vista del nuovo, difficile voto che riapproda mercoledì prossimo 12 settembre in plenaria all'Europarlamento. Dopo il rinvio deciso a inizio luglio, Strasburgo deve ora tornare a esprimersi sulla revisione della direttiva ormai superata del 2000, che ha scatenato una 'guerra delle lobby' sugli europarlamentari con pressioni di intensità inedita. I nodi restano i due articoli finiti al centro del dibattito già a luglio, ovvero l'11 e il 13: il primo relativo al diritto degli editori di ricevere una remunerazione per il loro materiale diffuso online, e il secondo sul blocco da parte delle piattaforme online dei contenuti di autori e creatori i cui diritti non vengono remunerati o che non danno il loro consenso all'utilizzo.
La prima è stata bollata dai critici come una "tassa sui link" a che se questi ne sono esplicitamente esclusi, mentre la seconda è stata accusata di "mettere il bavaglio alla Rete" sebbene le misure riguardino solo certi tipi di contenuti creativi e le piattaforme più grandi, e non tocchino libertà di espressione, diritto di satira e citazione.
"È vergognosa la campagna pressante di questi ultimi mesi in cui a noi parlamentari sono arrivate centinaia di email orchestrata dalle grandi piattaforme web che hanno diffuso fake news secondo le quali limitavamo la libertà degli utenti", ha denunciato l'eurodeputata Pd Silvia Costa, ricordando che "la normativa tutela la libertà di espressione e la salvaguardia della competitività dell'industria culturale, audiovisiva e editoriale europea". Quella sul copyright, quindi, sottolinea Costa che a Venezia sta incontrando le diverse associazioni degli autori, "è una battaglia fondamentale perché dare regole e responsabilità non è censura ma la nuova frontiera a tutela della democrazia contro la sudditanza" rispetto ai "profitti miliardari" dei giganti del web che godono di "una discutibile immunità fiscale" e di un "regime di monopolio globale" L'industria creativa e culturale europea vale 536 miliardi di euro l'anno, e conta circa 12 milioni di occupati.
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