BRUXELLES - Per arginare la pandemia da Covid-19, molti Stati in Europa hanno chiuso i propri confini in via temporanea. Allora sono state introdotte misure restrittive di diversa entità, dalla chiusura delle frontiere al traffico passeggeri, al passaggio consentito ai soli pendolari. I residenti delle regioni di confine si sono trovati così all'improvviso a non aver accesso alle strutture commerciali, educative, sanitarie o culturali dall'altra parte della frontiera. Il che si è tradotto in uno shock per i fornitori di servizi, che hanno visto calare la domanda di prodotti e servizi. Non tutte le aree di confine in Europa però sono state interessate dalla chiusura dei confini, né le misure restrittive hanno avuto un analogo impatto. L'impatto maggiore, secondo una ricerca condotta dal programma studi Espon, specializzato in analisi regionali, è stato registrato lungo i confini del paesi del Benelux e della Germania, alle frontiere orientali dell'Austria e al confine portoghese-spagnolo. Di diversa intensità gli effetti verificatisi, seppur sporadicamente, in Europa centro-orientale e tra gli Stati baltici. Quasi nessun impatto, invece, è stato registrato tra i paesi nordici o lungo i confini nelle aree alpine e pirenaiche. Secondo i ricercatori, l'impatto delle misure restrittive è dipeso da diversi elementi, come il numero dei valichi di frontiera, la qualità delle reti stradali, la distribuzione (e in taluni casi l'asimmetria) delle strutture di servizi nelle aree di confine. L'insieme di questi elementi generano peraltro percezioni diverse sulla chiusura delle frontiere tra la popolazione di entrambi i lati del confine. |
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