BRUXELLES - Dinamiche, in espansione, ma ancora imbrigliate nella burocrazia e nelle difficoltà di accesso al credito. È la fotografia delle piccole e medie imprese (Pmi) attive nel settore creativo e culturale in Italia scattata dai ricercatori del programma studi Espon, specializzato in indagini regionali Ue. Un documento in cui si dedica ampio spazio a Milano che, rispetto al contesto nazionale, emerge come un'eccezione positiva di valenza europea.
Di tutte le Pmi in Europa, che rappresentano il 99% delle imprese, quelle che operano in questo ambito generano il 4,4% del Pil dell'Ue, 509 miliardi di euro di valore aggiunto e 12 milioni di posti di lavoro a tempo pieno. Una risorsa strategica per l'Ue, dove i cluster di imprese nel settore hanno dimostrato di poter generare elevati tassi di crescita dell'occupazione.
In Italia il lavoro culturale e creativo è in crescita rispetto al passato: nel 2018 ha prodotto il 6,1% del valore aggiunto nazionale, contando un totale di 1,5 milioni di addetti nel settore. Particolarmente dinamiche le Pmi che promuovono l'arte contemporanea: nelle capitali europee, tra cui Roma, e in altre grandi regioni urbane e intermedie come Milano, Torino e Bologna, questo tipo di imprese impiegano una percentuale di lavoratori superiore alla media registrata da altri segmenti dell'industria creativa e culturale.
Istruzione avanzata e nuove competenze aprono poi nuove opportunità di lavoro anche nelle aree periferiche, dove lo sviluppo del settore ha ricadute in termini di innovazione tecnologica, creativa e sociale. Tutto questo anche grazie alle politiche per la digitalizzazione e la transizione 4.0 che fungono da traino all'espansione dell'economia culturale e creativa. Al confronto con altri Paesi europei, tuttavia, le regioni italiane si collocano ancora tra quelle 'moderatamente innovatrici', una performance più simile a quella di regioni situate in Europa meridionale e orientale che non in quelle dell'Europa settentrionale.
Una delle eccezioni a cui la ricerca dedica ampio spazio è rappresentata da Milano: qui l'industria creativa e culturale rappresenta il più grande settore con il 33,55% di tutte le imprese attive nell'area metropolitana milanese ed il 36,91% dell'occupazione complessiva. Il tessuto imprenditoriale è concentrato in cluster, per lo più specializzati in moda e design, situati in zone specifiche della città, una concentrazione, osservano i ricercatori, che ne aumenta la competitività e la contaminazione. Altri distretti industriali, che variano da settori quali l'ICT al biotech, sono invece presenti in aree soprattutto alla periferia dell'area metropolitana.
Tra i punti di forza messi in rilievo dallo studio, anche l'alta concentrazione di capitale umano e la presenza di università e centri di ricerca. L'investimento in R&D, così come la struttura dell'ICT, pur superiori ai livelli nazionali, rientrano nella media registrata in altre aree metropolitane d'Europa. Le imprese creative hanno invece un difficile accesso alle opportunità di finanziamento malgrado la prossimità con il settore finanziario, e vengono penalizzate dalla mancanza di coordinamento tra le diverse iniziative private e i livelli di amministrazione presenti nella regione. Per preservare la competitività con i diversi hub europei di start-up, concludono i ricercatori, la città metropolitana di Milano dovrà quindi sviluppare una migliore strategia di marketing delle start-up urbane, e aumentare la cooperazione internazionale con altri centri all'avanguardia.