BRUXELLES - Nuovo richiamo della Commissione Ue all'Italia sui ritardi dei pagamenti della pubblica amministrazione, relativa alla modifica del Codice dei contratti di aprile 2017 che estende sistematicamente di ulteriori 30 giorni i pagamenti degli appalti pubblici per effettuare verifiche. La legislazione Ue prevede massimo 30 giorni, estendibili a 60 in alcuni casi. Bruxelles ha quindi deciso di inviare un parere motivato all'Italia, seconda tappa di una procedura d'infrazione.
C'è già aperta un'altra infrazione sul ritardo dei pagamenti della Pa, e che lo scorso dicembre è già sfociata in un deferimento alla Corte Ue. L'Italia dispone ora di due mesi per rispondere, altrimenti rischia di essere portata una seconda volta davanti ai giudici di Lussemburgo.
Tra le modifiche apportate al Codice dei contratti pubblici, vi è una disposizione che estende sistematicamente di ulteriori 30 giorni i tempi di gestione del pagamento delle fatture per gli appalti. Le autorità italiane, infatti, sostengono che questo ulteriore allungamento dei tempi sia necessario ai fini delle verifiche, anche se già state svolte nel corso delle diverse fasi di realizzazione delle opere pubbliche. Questa norma, però, per Bruxelles "si configura come una violazione della direttiva sui ritardi di pagamento", la quale stabilisce che "le autorità pubbliche debbano eseguire i pagamenti non oltre 30 o 60 giorni dalla data di ricevimento della fattura o, se del caso, al termine della procedura di verifica della corretta prestazione dei servizi". La Commissione Ue aveva quindi aperto una procedura d'infrazione a luglio 2017, inviando una lettera di messa in mora a cui fa seguito ora, non essendo stata risolta la controversia, un aggravamento con l'invio di un parere motivato. L'Italia è nel mirino dell'Ue dal 2014 per l'applicazione della direttiva, su cui ha ben due procedimenti aperti.
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