L’Italia che i ragazzi scelti dal ct Enzo Bearzot feceroappassionare dopo una partenza in sordina era a secco disuccessi calcisticamente parlando - solo la Juve sapeva farsirispettare in Europa - ed anche socialmente non se la passavabene, reduce da un decennio di terrorismo politico ed austeritàeconomica. Era una Nazionale ancora scossa dalla bufera delprimo calcio scommesse che, nel 1980, aveva coinvolto - tra glialtri - Paolo Rossi, futuro capocannoniere del torneo spagnolo.Ci volle tutta la saggezza tattica ed umana del friulanoBearzot - scomparso nel dicembre 2010 - per tenere unito quelgruppo che avrebbe cucito sulla maglia la terza stella battendol’Argentina di Maradona e Passarella, il Brasile di Zico eFalcao, la Polonia di Boniek (che non giocò la semifinale) e laGermania di Rummenigge. Fu il ’veciò a saper indirizzare quellarabbia da branco ferito verso un obiettivo comune. Con l’aiutodi un altro friulano, il capitano Dino Zoff e di un triestino,il dottor Leonardo Vecchiet, medico degli azzurri per 17 anni.
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