Domenica 22 Dicembre 2024

Amendola-Neri: "Nessuno credeva nel nostro amore, invece stiamo insieme da 20 anni"

 
 

GIFFONI CALLE PIANA (SALERNO). «Per l’addio al calcio di Totti ho pianto come un vitello, mi ha fatto una tenerezza infinita. E’ stato un momento di cinema meraviglioso, che però sarebbe dovuto succedere un anno prima. Lui, la squadra e noi avremmo meritato che la sua ultima stagione fosse gestita con più intelligenza». Lo dice Claudio Amendola nella masterclass di cui è stato protagonista oggi al Giffoni Film Festival, dopo la proiezione del suo secondo film da regista, Il permesso-48 ore fuori. L’attore, nel rispondere alle domande dei ragazzi, ha parlato della sua carriera e condiviso riflessioni anche sul suo rapporto con Francesca Neri: «Quando ci siamo fidanzati, nei salotti del cinema romano si scommetteva su quanto saremmo durati, l’ipotesi più positiva era di otto-dieci mesi. Invece stiamo insieme da vent'anni. In questo ambiente non è facile,ma è la riprova di come sia possibile mettendo da parte i rispettivi egocentrismi. In questo lei è più brava di me». Amendola tornerà in sala nella prossima stagione con la commedia Hotel Gagarin, opera prima di Simone Spada ("Interpreto il ruolo di uno sconfitto che deve ricostruirsi una vita") e a settembre inizierà le riprese della serie per Rai1, di cui è protagonista, 'Carlo e Malik' un mix tra poliziesco e commedia. In 'Il permesso', parla anche di vita in carcere, «un tema che mi sta a cuore e che cerco di non trattare mai con leggerezza, perché ho avuto la 'fortuna' di viverlo direttamente una volta a 19 anni. Avevo fatto una cazzata e ho passato una notte a Regina Coeli (uno dei carceri romani, ndr). Ho capito tantissime cose quella volta, la prima, che non ci volevo più tornare, perché la sensazione di privazione della libertà non te la dimentichi più. Anche se là, ho conosciuto, dalle nove persone nella mia cella, la più profonda solidarietà di tutta la mia vita». Alle giovani generazioni, bisogna dare degli esempi giusti: «Mi viene pure da pensare a Donnarumma. Sarebbe stato giusto che avesse sacrificato un giorno e fosse andato a fare quell'esame di maturità invece di andare a Ibiza. Sarebbe stato un piccolo sforzo, ma un grandissimo esempio». In questo momento, nella sua carriera «mi soddisfa di più fare il regista che l’attore, quindi so già che farò un terzo film» dice. Il passaggio dietro la macchina da presa l’ha fatto ''dopo aver cercato di imparare il più possibile sui set, con registi come Scola, Gigi Magni, Marco Risi, Bolognini, Wilma Labate e tanti altri, tenendo la bocca chiusa e le orecchie ben aperte». Il suo debutto come attore «lo devo all’aver promesso a mia madre di andare a un provino. In quegli anni pensavi che prima o poi un lavoro lo trovavi, non è come oggi, e io avevo lasciato il liceo». Dal padre, Ferruccio Amendola (per cui in sala scatta l’applauso), «ho avuto un solo consiglio, perché era molto discreto. Mi diceva 'parla piano, non con un tono forzato, non c'è bisogno di far sentire tutto, se in sala si distraggono è colpa loro». Amendola si riempie d’orgoglio poi quando gli fanno i complimenti per la figlia Alessia, doppiatrice. «Ha 34 anni, fa doppiaggio da quando ne aveva nove. E ha iniziato proprio grazie al nonno. Per questo lavoro ha sacrificato buona parte della sua adolescenza, ma ora ne è felice, è diventata una delle più brave doppiatrici italiane». Esporsi anche politicamente (recentemente ha espresso il suo sostegno per Pisapia, ndr'') ha avuto qualche lato negativo sulla sua carriera? «Meno di quanto si pensi, ho lavorato tanti anni anche a Mediaset, senza problemi. So che Berlusconi ha detto di me, 'Quell'Amendola mi piace, è un bel comunista'».

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