ROMA. Nella storia del cinema ci sono le attrici, le dive e le icone.
Gina Lollobrigida che compie 90 anni oggi, il giorno della festa dell’indipendenza americana, appartiene di diritto al pantheon delle icone.
Celebrata nel mondo intero, celebre quasi a prescindere dalla sua carriera sullo schermo, talento istintivo e lucido, ha incarnato la prorompente bellezza mediterranea in una lotta a distanza con Sophia Loren che ha visto le due donne formare una strana coppia, rivale eppure indivisibile: riedizione al femminile del Coppi&Bartali con il cinema italiano al posto delle strade del Giro e del Tour.
La biografia di Luigia Lollobrigida, nativa di Subiaco dove il padre, agiato costruttore di mobili perse la fortuna di famiglia in seguito a un bombardamento alleato sul finire della guerra, è quasi senza segreti.
Del suo carattere volitivo, dell’infanzia prima ricca e poi carica di privazioni (la famiglia si trasferisce a Roma nel '44, in una città ancora occupata dai nazisti), delle caricature vendute per mantenersi agli studi all’Accademia di Belle Arti, è sempre andata fiera.
Così come delle svolte sorprendenti del destino che prima la portano per caso sul palcoscenico del concorso di bellezza «Miss Roma» nel '47 e poi a interpretare «Nel fondo del cuore», prototipo del fotoromanzo di successo sulla rivista «Sogno».
Sempre in quel fatale '47, viene invitata alle finali di "Miss Italia» a Stresa: quella passerella diventa il simbolo dell’Italia che rialza la testa, schiera forme femminili prosperose e attraenti contro lo spettro ancora vivo della guerra. A Miss Italia vanno contemporaneamente Gina, l’elegante Lucia Bosè, la popolare Gianna Maria Canale, la ritrosa Silvana Mangano ed Eleonora Rossi Drago che viene esclusa - a sorpresa - perché già sposata, Gina non vince, ma per tutto il pubblico è la trionfatrice e il suo volto viene conteso a suon di esclusive dai maggiori rotocalchi. Per lei si schiudono le porte di Cinecittà, anche se si deve accontentare di parti minori e perfino di contratti da controfigura. Facile capire che quando, nel 1950, riceve l’offerta del miliardario Howard Hughes a varcare l’oceano, la giovane attrice non ci pensa due volte, salvo pentirsi a contratto appena firmato, quando si accorge di essere finita in una prigione dorata. Rientra precipitosamente in Italia perché a Hollywood potrebbe lavorare solo nei film prodotti da Hughes.
Quella sconfitta diverrà la sua fortuna: Luigi Zampa le ha fatto da pigmalione con «Campane a martello» e «Cuori senza frontiere», Monicelli e Steno
("Vita da cani"), Pietro Germi ("La città si difende"), Carlo Lizzani ("Achtung! Banditi") la promuovono a vera attrice entro il 1952. Con determinazione
ferrea si mette alla prova anche sul terreno delle coproduzioni, interpreta in Francia «Fanfan la tulipe» a fianco del divo Gérard Philipe e Parigi la adotta
facendone una diva. Da Blasetti a René Clair, da Monicelli a Comencini ormai tutti la vogliono ed è proprio Luigi Comencini a decretare la sua fama
assoluta affiancandola a Vittorio De Sica nel clamoroso successo di «Pane, amore e fantasia» (1953). Per tutti è la Bersagliera, De Sica ha coniato per
lei l’etichetta di «maggiorata fisica" dopo averla scoperta ne «Il processo di Frine», il pubblico impazzisce. Gina Lollobrigida diventa «la Lollo» e si può
permettere grandi coproduzioni ("Il tesoro dell’Africa» per John Huston, «Trapezio» con Tony Curtis, «Il gobbo di Notre Dame» per Jean Delannoy),
seguiti fortunati ("Pane amore e gelosia», dopo il quale lascerà il ruolo alla «rivale» Sophia Loren), scelte intellettuali ("La provinciale» di Mario Soldati, «La romana» di Luigi Zampa, «Mare matto» di Renato Castellani). Ormai è celebre ovunque e se anche non può lavorare in America sono gli americani a
venire per lei in Europa, da Carol Reed a Robert Z. Leonard, da King Vidor a John Sturges.
Gli anni '50 sono il suo palcoscenico d’eccellenza, ma il decennio successivo la vede sfruttare con intelligenza il suo nome e la sua aura di sex symbol.
Negli anni '60 lavora molto ma si riducono gli appuntamenti memorabili: «La donna di paglia» di Basil Dearden, «Un bellissimo novembre» di Mauro
Bolognini, "Buonasera Signora Campbell» di Melvin Frank. Poi scopre la televisione (dal «Pinocchio» di Comencini alla serie americana "Falcon Crest»
fino all’ultima apparizione di prestigio nel remake de «La romana» firmato per la tv da Giuseppe Patroni Griffi), ma ha ormai trovato nella fotografia la sua nuova musa. Gira mezzo mondo ritraendo i grandi del suo tempo, espone nelle gallerie più prestigiose. Riscopre l’antica passione per l’arte cimentandosi con la scultura.
Il cinema invece non l’attira più. Accetterà di tornare, solo per amicizia, in un film di Ezio Greggio «Box Office 3D», oggetto di una pazza pre-inaugurazione alla Mostra di Venezia.
Il cinema però non l’ha scordata ed è il suo grande amico Gian Luigi Rondi a volerla per un David di Donatello alla carriera nel 1996 e per un altro trofeo speciale nel 2006 a 50 anni dalla prima statuetta vinta con «La donna più bella del mondo».
Della sua contagiosa simpatia e monumentale bellezza si sono innamorati in molti, ma ha avuto un solo marito, il medico sloveno Milko Skofic, sposato al
Terminillo nel 1949 padre di Andrea, che negli ultimi anni ha ingaggiato con lei furiose contese ereditarie insieme al nipote Dimitri.
Le cronache rosa l’hanno poi sposata con l’imprenditore spagnolo Javier Rigau, di 34 anni più giovane, ma del presunto matrimonio non esistono prove.
Di recente è stato il suo assistente, il giovane Andrea Piazzolla, a finire nel tritacarne del gossip, accusato di averla circuita, ma la Lollo ha sempre
reagito con lucidità alle dicerie. La donna che compie 90 anni e si sente una trentenne che festeggia per la terza volta, appare adesso sola, ma piena di
vita: la stessa che ha saputo regalare col suo sorriso ironico e provocante a generazioni di adoratori.
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