SANREMO. Una lontananza dal palco dell'Ariston durata 24 anni. «A dirla così sembra che si parli di uno che è stato in esilio», scherza Raf, alle prese con una bronchite a poche ore della sua esibizione, che torna, per la quarta volta, al Festival di Sanremo con il brano Come una favola, singolo che anticipa il nuovo album in uscita ad aprile. «Un ritorno da incosciente o da coraggioso? Forse un po' tutte e due le cose. Ma non so che rischi si possano correre effettivamente su questo palco. Se capita, ci si può permettere anche di fare un passo falso, soprattutto se dopo esci con un disco di contenuti», spiega ammettendo però che in passato le emozioni erano diverse e la tensione era sicuramente maggiore e più opprimente. «Ma una sera a Sanremo non mette in discussione una carriera, non c'è niente di definitivo», è la considerazione di oggi, elaborata con la maturità dei suoi 55 anni. Si considera un veterano Raf, ma fa i conti con un festival che rispetto agli anni Ottanta ha subito comunque dei cambiamenti. Anche per le cambiate condizioni del mercato discografico. «Nell'era dei talent, gli autori hanno dovuto rendere anche il festival un po' più talent per fare ascolti.
Chissà se da giovane avrei tentato anche io quella strada...boh! D'istinto direi di no, ma poi se penso che sono tornato quidopo 24 anni, chi può dirlo». Ma Sanremo è anche specchio della società: «Va di pari passo con quello che succede nel Paese». E non a caso, forse, quest'anno sul palco si incrociano Platinette e Conchita Wurst. «Mi auguro che non ci siano contestazione, non gioverebbero. Sanremo deve intrattenere». Qualche dubbio anche sul meccanismo della gara a eliminazione. «Sono d'accordo con quello che ha detto Romina Power, con la musica non si dovrebbe gareggiare».
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