Giovedì 19 Dicembre 2024

Sul palco il medico guarito dall'ebola:
"La mortalità è scesa al 40 per cento"

 
 
 
 
 
 
 
 
 

SANREMO. «Sono diventato un simbolo solo perchè sono un italiano, un europeo». Lo ha detto il medico guarito dal virus ebola Fabrizio Pulvirenti ospite alla prima serata del festival di Sanremo. «Nel nuovo ospedale di Emergency in Sierra Leone - ha aggiunto -  la mortalità per ebola è scesa dal 70 al 40%. Ho avuto paura e c'è stato un momento in cui ho pensato di non farcela. Le canzoni di Sanremo? Sono legato a »Brividi« di Rossana Casale». «C'è bisogno di 'uscire dal torpore - spiega all'ANSA Pulvirenti, primo paziente italiano colpito dal virus, che in Africa ha fatto circa 9mila vittime - e rendersi conto che noi abitanti del nord del mondo, ricco e industrializzato, siamo 'i fortunatì ed abbiamo il dovere morale di aiutare chi non vive da questa parte del pianeta». Il messaggio che vorrebbe arrivasse agli italiani questa sera, dunque, è quello della «importanza della solidarietà e della collaborazione». Ma, precisa il medico in prima linea, «va detto che ci sono tanti modi per contribuire, non solo la presenza fisica nei luoghi dove la gente soffre. L'approccio è sempre personale, ma l'importante è appunto risvegliarsi da quell'indifferenza che ci anestetizza. Ognuno può trovare il proprio modo di 'essere presente». Ma perchè proprio Sanremo? «Lanciare tale messaggio da questo palco - risponde - ha un grande significato ed una enorme risonanza; spero che queste parole arrivino al cuore degli italiani». Insomma, la speranza del medico che ha sconfitto Ebola è che la sua presenza alla più famosa kermesse della canzone italiana possa avere un «senso concreto». Come estremamente 'concrete è la sua agenda per i prossimi mesi: «Se tutto andrà bene - afferma - a marzo donerò il mio sangue, da paziente immunizzato, che servirà per la messa a punto di farmaci che potranno essere utili ad altri malati colpiti da Ebola». E poi, il secondo grande impegno: «Non posso ancora dirlo con certezza - annuncia - ma spero di poter tornare al mio lavoro in Sierra Leone, a fianco di tanti pazienti, già alla fine di aprile».

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