Mercoledì 18 Dicembre 2024

Mattarella sulla tomba di don Diana: «L’indifferenza nei confronti della mafia è complicità»

Mattarella ai Casal di Principe davanti alla cappella in cui è seppellito don Peppe Diana
Mattarella in preghiera davanti alla tomba di don Diana
Manifesto di saluto a Casal di Principe
Mattarella all’Istituto tecnico Guido Carli di Casal di Principe
Mattarella con gli studenti
Il discorso del presidente della Repubblica Sergio Mattarella
Mattarella alla chiesa di San Nicola di Bari di Casal di Principe
Mattarella al ristorante solidale Nuova Cucina Organizzata, bene confiscato al clan dei Casalesi

«Battere la mafia è possibile. Lo diceva Giovanni Falcone: la mafia non è affatto invincibile. È un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine». Sergio Mattarella arriva a Casal di Principe con un messaggio di fiducia dedicato soprattutto ai giovani nati in una terra nel passato sfregiata dalla camorra ed oggi simbolo di una rinascita che sembrava impensabile. Accolto con emozione dalle autorità locali e con calore dai tanti studenti che lo aspettavano, il presidente della Repubblica ha incarnato - con la sua presenza e le sue parole - la voglia di riscatto di un intero territorio che ha avuto il suo simbolo negativo nell’omicidio di don Diana, assassinato nel 1994 all’interno della sua chiesa di San Nicola di Bari. «Don Peppino era un uomo coraggioso, un pastore esemplare, un figlio della sua terra, un eroe dei nostri tempi, che ha pagato il prezzo più alto, quello della propria vita, per aver denunciato il cancro della camorra e per aver invitato le coscienze alla ribellione», ha spiegato il capo dello Stato nella giornata dedicata alle vittime della mafia. Mentre a Milano sfilavano circa 70 mila persone per la manifestazione antimafia organizzata da «Libera» di don Ciotti, molto più a sud Mattarella poteva toccare con mano quanta acqua sia passata sotto i ponti dai tempi dei «casalesi». Terra dei Fuochi certo, terra difficile ma oggi Casal di Principe è «protagonista di una stagione straordinaria di fermento e di riscatto». Proprio l’omicidio di don Peppino Diana «è stato un detonatore di coraggio e di desiderio di riscatto. Ha prodotto un’ondata di sdegno, di partecipazione civile, una vera battaglia di promozione della legalità». Dopo aver spronato i giovani a prendere il «testimone» di don Diana, Mattarella ha continuato a rivolgersi ai tanti che lo hanno circondato ad ogni passo invitandoli ad «essere fieri di essere nati in questa terra, che ha saputo compiere questa grande rinascita». E li ha esortati ad abbandonare i «pregiudizi», a studiare tanto visto che «i mafiosi temono di più la scuola che i giudici, perché l’istruzione taglia l’erba sotto i piedi della cultura mafiosa». Fin qui la fiducia che il capo dello Stato ha voluto iniettare in un campo che sembra già ben seminato, ma le sue parole di condanna sono state durissime: «La mafia è violenza ma, anzitutto, viltà. I mafiosi non hanno nessun senso dell’onore né coraggio. Si presentano forti con i deboli. Uccidono persone disarmate, organizzano attentati indiscriminati, non si fermano davanti a donne e a bambini. Si nascondono nell’oscurità». Per questo, ha aggiunto, «le mafie temono i liberi cittadini. Vogliono persone asservite, senza il gusto della libertà. Le mafie sono presenti in tutte le attività più turpi e dannose per la comunità: la prostituzione, il traffico di esseri umani, di rifiuti tossici, il caporalato, il commercio di armi, quello strumento di morte che è la droga, lasciando nel territorio povertà e disperazione». Da qui una conseguente riflessione sulla cosiddetta zona grigia, quella di chi osserva e tace, che troppo ancora permette agibilità ai mafiosi: «La lotta alle mafie riguarda tutti, ciascuno di noi. Non si può restare indifferenti, non si può dire: non mi riguarda. O si respingono con nettezza i metodi mafiosi o, anche inconsapevolmente, si rischia di diventarne complici». Difficile far finta di non capire il senso di queste parole che Mattarella accompagna con un richiamo che chiude il cerchio: «Tutte le amministrazioni pubbliche devono far sentire con efficacia la loro presenza accanto ai cittadini. Insieme a tutte le espressioni della società civile. La politica sia autorevole nel dare risposte alle emergenze e ai problemi socio-economici dei territori». Perchè la mafia si può vincere ma non si può smettere di «vigilare. La criminalità organizzata è capace di vivere nascosta, pronta a rialzare la testa al minimo sintomo di cedimento».

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