ROMA. "Non un giocatore ma un arbitro: quindi comunque uno che conosce il gioco". Tra i fedelissimi di Matteo Renzi, alla vigilia dell'ora X per la corsa al Quirinale, un tassello sembra ormai chiaro: il futuro Capo dello Stato sarà un politico con esperienza, magari da qualche tempo lontano dalla prima linea e capace per note capacità di mediazione a raccogliere il maggior consenso, nel Pd e in Fi in primis. I rumors danno in crescita le quotazioni di Walter Veltroni ma la realtà è che il premier non ha ancora deciso e alcune variabili dipenderanno molto da comportamento della minoranza dem e degli alleati nel rush finale per le riforme. Contatti e sondaggi informali di gradimento, in realtà, sono già partiti da qualche giorno: Lorenzo Guerini e Roberto Speranza, che venerdì in direzione avranno dal premier l'incarico di "consultare" tutti i partiti, hanno cominciato a sentire gli umori profondi dei dem su vari candidati. E in parallelo Luca Lotti continua a tenere il filo diretto con Denis Verdini, assicurando l'impegno all'indicazione di un candidato Pd che però, come chiedono gli azzurri, "non metta un dito negli occhi" di Silvio Berlusconi. Si ragiona su più nomi ma, con gradazioni diverse, tutti con un passato nella vita politica "a maggiora ragione - spiegano fonti renziane - che, in un momento così delicato per l'Italia e per l'Europa, le altre due maggiori cariche dello Stato, Boldrini e Grasso, vengono dalla società civile". Tweet riguardo #totoquirinale Ma il profilo è solo il primo tassello del rebus. Perchè ogninome, pur venendo dal Pd, è capace di raccogliere maggiore o minore gradimento. E' chiaro che un ex Ds, come Veltroni, Piero Fassino, Anna Finocchiaro o Pierluigi Bersani, spiazzerebbe la minoranza ex Pci e forse limiterebbe ai pasdaran duri e puri il numero dei franchi tiratori, calcolati tra un minimo di una decina ad un massimo di 130. Ma irriterebbe gli ex Ppi che rivendicano dopo Giorgio Napolitano un presidente di origine cattolica, come Sergio Mattarella, Pierluigi Castagnetti o Dario Franceschini. Per questo in Transatlantico continua a girare il nome di Giuliano Amato, forse un pò troppo targato Prima Repubblica per Renzi ma di indubbia abilità politica. E poi il nome di Prodi non è mai stato accantonato, specie dopo la visita dei giorni scorsi al premier. Dal canto suo Berlusconi non sembra mettere particolari veti. L'obiettivo dell'ex capo del governo resta quello di rimanere l' interlocutore privilegiato per Palazzo Chigi e stando a quanto riferito dai suoi fedelissimi i segnali che arrivano dal Pd confermano l'intenzione di mantenere l'intesa. Per Berlusconi - spiega chi è di casa a palazzo Grazioli - la partita va oltre la presidenza della Repubblica e mira a quelle 'garanzie' che gli consentirebbero di tornare sempre più protagonista della scena politica. Un progetto che però deve fare i conti con Raffaele Fitto, capo della fronda interna e pronto a dare battaglia con una pattuglia di almeno 40 parlamentari. Domani l'ex premier vedrà i senatori (tra cui gli uomini che fanno capo all'ex presidente della Puglia) e la prossima settimana i deputati. Tra i due continua ad esserci gelo ma, per compattare i ranghi di Fi, non si esclude che alla fine l'ex premier decida di incontrarlo per trovare una mediazione. Dal canto suo, venerdì, alla direzione dem, Renzi, che ha il boccino in mano, comincerà a scoprire le carte. Indicando le caratteristiche e lanciando un appello distensivo a serrare le fila nel partito. Ma tutti escludono che il nome uscirà: il leader Pd, come dimostra la scelta di Paolo Gentiloni alla Farnesina, tirato fuori all'ultimo a dispetto di ogni previsione, vuole giocare il più possibile a carte scoperte e l'interlocutore da convincere non è solo Giorgio Napolitano.