ROMA. «Cresce la sfiducia e la delusione verso i partiti, aumenta il disinteresse verso la politica in generale. Uno su dieci alle regionali non sapeva neanche che si votasse di domenica»: è quanto spiega Pietro Vento, direttore dell’Istituto Demopolis, alla luce dei dati raccolti in merito all’ultima tornata elettorale. Le ultime regionali dimostrano un clamoroso aumento dell’astensionismo. Quali sono i numeri più significativi? «Il crollo dell’affluenza in Emilia Romagna è il dato più significativo della tornata elettorale del 23 novembre. L’area dell’astensione ha raggiunto dimensioni senza precedenti, ben al di là di qualunque quota fisiologica del passato. Considerate schede bianche e nulle, appena il 36 per cento degli aventi diritto ha espresso un voto valido in Emilia Romagna: un dato inatteso per una Regione nella quale alle ultime Politiche del 2013 aveva votato l’82 per cento degli aventi diritto. Domenica scorsa si à rilevata una partecipazione al voto addirittura inferiore a quella registrata nel 2012 in Sicilia in occasione dell’elezione di Rosario Crocetta alla Presidenza della Regione, quando si recò alle urne nell’Isola poco più del 47 per cento». Ma quali sono le ragioni di questo crollo? «L’Istituto Demopolis ha indagato le ragioni del non voto alle Regionali, le motivazioni di quei milioni di cittadini che non hanno voluto o saputo scegliere. Il 43 per cento attribuisce la propria scelta a sfiducia e delusione verso partiti e candidati. Un altro ampio segmento, il 31 per cento, appare pericolosamente convinto che la politica non incida più sulla vita reale dei cittadini. Per il 16 per cento l’esito della consultazione appariva scontato. Uno su dieci, e questo è un altro dato che colpisce, non sapeva addirittura che si votasse domenica». Quali sono stati i principali effetti dell'astensione? «Il Partito democratico sfiora in Emilia Romagna il 45 per cento ed è nettamente il primo partito, conquistando con Bonaccini la Presidenza della Regione. Ma appare fortemente penalizzato dall’astensione. Demopolis ha analizzato le variazioni elettorali rispetto alle più recenti elezioni, le Europee del maggio scorso. Il Pd ottiene 535 mila voti, perdendo 677 mila voti. Una vera emorragia subisce anche il Movimento 5 Stelle: 444 mila voti in maggio, appena 160 mila domenica scorsa. È prevalsa la scelta del non voto. Secondo lo studio dei flussi elettorali, su 100 elettori che in Emilia Romagna avevano votato Grillo, appena 36 hanno confermato il proprio voto al Movimento. In 12 hanno preferito la Lega Nord, 47 su 100 sono rimasti a casa. Significativa anche l’analisi sul flusso del Partito democratico. Su 100 elettori che avevano votato il Pd alle Europee, 44 hanno confermato il voto alle Regionali, solo 5 hanno optato per altre liste, 51 su 100 hanno scelto l’astensione». L’ultima tornata elettorale ha certificato anche la crisi di Forza Italia e la crescita della Lega. Qual è il trend? «Pesante, nell’area di centrodestra, appare la fuga dei consensi da Forza Italia. Il partito di Berlusconi ottiene in Emilia Romagna appena 100 mila voti, perdendo il 63 per cento dei voti assoluti, 272 mila, conquistati nell’ultima consultazione di maggio. Particolarmente significativo è poi il trend elettorale dei due principali partiti di centrodestra in Emilia Romagna: Forza Italia passa dal 13 per cento di febbraio all’8,4 per cento odierno. La Lega di Salvini dal 3 per cento di febbraio al 14 per cento di fine ottobre. E sfiora oggi nella regione il 20 per cento, con un clamoroso sorpasso su Forza Italia». La crisi del centrodestra riguarda solo le regioni chiamate al voto o esiste un caso a livello nazionale? «No, le difficoltà di Forza Italia non sono soltanto regionali. Il trend 2014, rilevato dal Barometro Politico Demopolis, registra a livello nazionale una riduzione del consenso per Forza Italia di oltre 10 punti dall’insediamento del governo Renzi a Palazzo Chigi. Di un’opposizione molto più decisa al Governo sembra invece beneficiare la Lega di Salvini, in trend positivo da mesi. È un elettorato in ampia parte disorientato quello di centrodestra: Demopolis fotografa una profonda crisi di rappresentanza per un’area storicamente fortissima negli ultimi 20 anni. In un Paese nel quale tuttora 15 milioni di italiani si definiscono politicamente di destra o centrodestra e 18 milioni si dichiarano non collocati, solo poco più di 8 milioni voterebbero oggi per Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia, i tre partiti di centrodestra all’opposizione del governo». Per il Pd l’”effetto” Renzi sui livelli di consenso quanto influisce ancora? «Pur scontando una riduzione di fiducia nell’elettorato più di sinistra, Matteo Renzi ha intercettato alle Europee il consenso di segmenti sociali storicamente lontani dai democratici. Dopo avere assorbito di fatto l’elettorato dei partiti di centro, sta iniziando oggi a conquistare l’elettorato di centrodestra più moderato, a partire da quanti in passato avevano scelto Silvio Berlusconi. La vera scommessa del premier si giocherà comunque sulla capacità del governo di rimettere in moto il tessuto produttivo, di ridurre il peso fiscale e di rilanciare l’occupazione. In merito l’ottimismo dei cittadini, secondo i dati Demopolis, appare oggi molto cauto. Soprattutto in Sicilia e nelle regioni del Sud». Quale candidato premier potrebbe competere oggi con Renzi nell’ipotesi di un ritorno alle urne per le Politiche? «Il 19 per cento degli italiani cita Salvini, il 14 per cento Grillo, il 7 per cento Berlusconi. Ma la centralità politica e mediatica del premier è tale che il 51 per cento degli elettori, intervistati dall’Istituto Demopolis, non vede per il momento un leader politico in grado di impensierire davvero Matteo Renzi in un’eventuale competizione elettorale». Intervista di Riccardo Vescovo