CITTA' DEL VATICANO. Compie oggi novant'anni il primo Papa emerito della storia. Joseph Ratzinger però li festeggerà serenamente il giorno successivo, Lunedì dell’Angelo, nella quiete dei Giardini Vaticani e con lo stile sobrio che gli è connaturato, in un piccolo incontro in stile bavarese: accanto avrà le persone care di una vita, tra cui il fratello maggiore Georg, giunto per l'occasione dalla Baviera (lui di anni ne ha 93), e il segretario personale e braccio destro, che è anche prefetto della Casa Pontificia, monsignor Georg Gaenswein. Con la piccola delegazione dal natio 'land’tedesco, anche un gruppo di Schuetzen, con costumi tipici e musiche tradizionali. Il Papa in carica, Francesco, ha già anticipato due giorni fa l'incontro col suo predecessore, recandosi all’ex monastero 'Mater Ecclesiaè e unendo agli auguri di Pasqua anche quelli per il 90/o compleanno: un ennesimo abbraccio che denota ancora una volta l’amicizia e la sintonia tra i due Pontefici che il destino, e questo particolare snodo nella vita della Chiesa, ha portato a una «convivenza» in Vaticano senza precedenti in duemila anni di storia. E una fiducia reciproca che smentisce anche le fronde che li vorrebbero in contrapposizione. Benedetto XVI, da quattro anni Pontefice emerito dopo la sua storica rinuncia e dopo l’elezione del successore, pur vivendo riservatamente tra le mura vaticane resta l’incarnazione di una testimonianza «forte» di rigore nella visione del cristianesimo: quello stesso rigore che, in un momento di gravissima crisi nella vita della Chiesa, tra gli scossoni degli scandali finanziari, delle fughe di documenti riservati, dei contraccolpi della piaga della pedofilia da cui lui stesso aveva voluto una volta per tutte scoperchiare il velo dell’omertà, l’ha portato l'11 febbraio 2013 ad annunciare la sua rinuncia al pontificato, a causa dell’età ormai avanzata che gli impediva di reggere con la dovuta forza il timone della barca di Pietro. Il suo atto, il primo di un Papa da sei secoli, ha aperto una strada e una figura nuove nell’organigramma della comunità ecclesiale, quella del «Romano pontefice emerito», o «Papa emerito» - denominazione che lui stesso ha voluto, contro quella consigliata dai canonisti di «vescovo emerito di Roma» -, su cui da ora in poi ci si dovrà sempre interrogare, come se quella del successore di Pietro non sia più una nomina forzatamente a vita. Lo ha riconosciuto, primo fra altri, proprio colui che, "venuto dalla fine del mondo», ha raccolto l’arduo testimone di papa Ratzinger, e che oggi in Vaticano si sente perfino confortato dalla sua presenza, considerandola come quella di un "nonno saggio", in famiglia, con la sua saggezza ed esperienza. «Io farò quello che il Signore mi dirà di fare. Pregare, cercare la volontà di Dio», rispose papa Francesco a un cronista che, nel maggio 2014, sul viaggio di ritorno dalla Terra Santa, gli chiedeva se, nel caso sentisse di non avere più la forza per reggere il suo ministero, farebbe la stessa scelta di Ratzinger. «Ma io credo che Benedetto XVI non sia un caso unico - proseguì -. E’ successo che non aveva le forze e onestamente - è un uomo di fede, tanto umile - ha preso questa decisione. Io credo che lui sia un’istituzione. 70 anni fa, i vescovi emeriti non esistevano, quasi. E adesso, ce ne sono tanti. Cosa succederà con i Papi emeriti? Io credo che dobbiamo guardare a lui come ad un’istituzione. Lui ha aperto una porta, la porta dei Papi emeriti. Ce ne saranno altri, o no? Dio lo sa. Ma questa porta è aperta: io credo che un Vescovo di Roma, un Papa che sente che le sue forze vengono meno - perché adesso si vive tanto tempo - deve farsi le stesse domande che si è posto Papa Benedetto». Primo Papa emerito, dunque, ma certo non l’ultimo.