MILANO. Il funerale di Dario Fo è un film che ripercorre in poche ore la storia del nostro Paese, dal dopoguerra al 15 ottobre del 2016. Al Teatro Strehler, dove era stata allestita la camera ardente e in piazza Duomo poi, nella quale migliaia di persone hanno partecipato al funerale laico dell'attore, pittore e premio Nobel per la letteratura, sono state le persone - con la sola loro presenza - a ripercorrere la storia di Fo e di sua moglie, Franca Rame. Una storia che, pur con tutte le polemiche che hanno costellato la vita della coppia, rappresenta una parte di quella d'Italia. È sembrata una fotografia in bianco e nero la presenza del fondatore di Potere Operaio, Oreste Scalzone, con l'immancabile montgomery e la sigaretta in bocca: «Vidi Dario per l'ultima volta al funerale di Franca e mi venne dal cuore fischiettare l'Internazionale». È sembrata una fotografia in bianco e nero anche lo striscione esposto durante i funerali da 'Soccorso rossò, l'organizzazione che i due attori sostennero durante gli anni del terrorismo e accusata di essere border line con il Partito armato, tanto che costò attacchi mai sopiti a Fo e Rame. Era in bianco e nero anche il pensionato che in via Brera lavorava «nell'impiantistica» ma era amico di attori, pittori e fotografi che frequentavano il bar Jamaica: «Io, col mio lavoro, non c'entravo niente ma passavamo serate a fumare, a chiacchierare. C'erano anche le modelle che lavoravano per i pittori». Il film diventa, però, improvvisamente a colori quando arrivano Stefano Benni, Paola Cortellesi, Paolo Rossi, Roberto Vecchioni, Roberto Saviano e i sindaci di Roma e Torino Virginia Raggi e Chiara Appendino del Movimento 5 Stelle, l'ultimo approdo politico di Fo. «Era una persona entusiasta della vita e questa è la sua eredità», ha detto la Raggi. A colori anche lo striscione-tributo del Centro sociale Il Cantiere: «Io non sono un moderato. Ciao Dario. I colori sono anche quelli della Banda degli Ottoni a scoppio, che ha curato la colonna sonora dell'ultimo spettacolo messo in scena dal giullare che vinse il Nobel: Bella Ciao, Rosamunda, Otto e mezzo. Sul palco, a ricordarlo, in piazza Duomo, il sindaco di Milano, Giuseppe Sala il quale ritiene che Fo abbia ricevuto meno da quanto ha dato alla città e che pensa ad intitolargli la Palazzina Liberty, palcoscenico delle scorribande teatrali della coppia Fo-Rame nel periodo della contestazione, il ministro dell'Agricoltura, Maurizio Martina e il leader dei Cinque Stelle, Beppe Grillo, a lungo abbracciato con Jacopo, figlio di Fo e Franca Rame, che dirà: In tutto quello che ha creato, Dio ha creato anche i commedianti, per divertirsi un pò... I colori esplodono con Carlo Petrini, fondatore di Slow Food e grande amico di Fo: »In questa giornata che celebriamo è meglio essere generosi che avari. Noi stapperemo le bottiglie, canteremo, balleremo, faremo l'amore, ritroveremo la gioia straordinaria di chiamarci compagni e compagne non solo perchè condividiamo il pane, ma anche la gioia, la fraternità e questo nostro amore reciproco, senza cattiverie«, ha detto durante l'orazione funebre: »Celebriamo il più grande tra di noi, che aveva la capacità di dileggiare i potenti con uno sberleffo. Allegri bisogna stare perchè troppo piangere non rende onore ai nostri amici e perchè celebriamo la vita«. Il bianco e nero, che commuove le migliaia di persone in piazza, torna con Jacopo Fo, figlio di Dario e Franca Rame, il quale ricorda come suo padre e suo madre "non hanno mai piegato la testa, nonostante ciò che è stato loro fatt"«. E conclude a pugno chiuso: "Grazie compagni, grazie". L'ultimo spettacolo di Dario Fo, irriducibile ateo ma con il dubbio di Dio, si conclude così, sul sagrato del Duomo (il luogo era stato origine di qualche distinguo da parte delle autorità ecclesiastiche milanesi che si augurano che cerimonie come queste siano da ritenersi eccezionali). Poi il riposo, nel Famedio del cimitero Monumentale, dove sono sepolti coloro che hanno contribuito a rendere grande Milano. Vicino a sè avrà la moglie Franca, il registra Franco Pareti ed Enzo Jannacci.