MILANO. Fedez si racconta in una lunga intervista al settimanale Vanity Fair.
«Avrei un lavoro normale, umile come umile è la realtà da cui provengo. Ho avuto tantissimo culo, e so che la fortuna potrebbe esaurirsi da un momento all'altro. La paura di sparire all'improvviso esiste e io mi preparo. Cerco di accettare nella maniera più sana possibile il mio declino inevitabile. Io so da dove vengo e so dove posso tornare».
Il cantante ha posato insieme alla nonna Luciana «che ancora vive nelle case popolari al Giambellino», e racconta le sue origini: «Vivevamo in una casa modestissima presa con il mutuo da mio padre. Faceva l'orefice. Con la crisi dell'oro, nel 2001, perse tutto. Il lavoro e anche la sapienza da artigiano, affinata per anni. Si è riciclato come magazziniere. Mia madre invece gestiva l'archivistica di una multinazionale. Scartoffie, documenti, 1.500 euro di stipendio».
Non per questo accarezza la retorica degli umili natali: «Buccinasco non è il Bronx, e sa essere molto borghese... Non mi è mai mancato niente e non mi hanno neanche mai sparato a una gamba... Qui da noi, in Italia, nessuno può vantare le biografie dei rapper americani ed è stato triste ascoltare storie familiari di sofferenza che poi abbiamo scoperto essere completamente false». Dei detrattori, dice, «ho imparato a sbattermene le palle. Con Internet non riesci a dare fattezze umane ai tuoi interlocutori, poi quando li vedi in faccia capisci che non ne vale la pena, ti fanno tenerezza. I maniaci del web e i giornalisti...».
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