ROMA. Visioni di viaggi in Oriente, dalla Thailandia al Vietnam, dalle Filippine spingendosi fino a Sud, verso La Malesia, Giava, Sumatra, hanno dato vita alla nuova collezione di haute couture di Raffaella Curiel, che ha sfilato nello Spazio AltaRoma. «Niente polemiche stavolta, anche se adoro farle. Voglio che parlino solo i miei vestiti, con cui ho rivissuto i colori delle aurore spruzzate di polvere d'oro, i tramonti di vivida vermiglia lacca - spiega la couturier milanese, che da 30 ani presenta la sua alta moda nella capitale -. Ho rivisto i teneri verdi delle coltivazioni di riso e quelli più cupi delle infinite estensioni di palme da olio. Ho ancora negli occhi le gamme dei grappoli di fragili orchidee arrampicate ovunque. Ho respirato di nuovo i bruni della terra cotta e delle ambre. Ho sognato il portamento regale delle donne e i loro sorrisi dolci, ma soprattutto la loro eleganza innata e orgogliosa. Ho rivisitato i costumi e l'artigianato di tutte quelle etnie così simili e così diverse
tra loro».
Il risultato è una collezione di 47 abiti-gioiello, unici nella loro ricercatezza, nella rielaborazione di antichi tessuti ristampati su sete, lini, broccati e chiffon, decorati con fili di seta d'oro, pietre colorate, cannette di vetro, perline, ambre e giade. Un grande lavoro portato a termine dalla sartoria Curiel in un solo mese, da gennaio, subito dopo l'annuncio di AltaRoma che le sfilate si sarebbero fatte. Un esempio del grande artigianato è la giacca in broccato e cotone bianco e nero, lavorata con un effetto spigato: ha richiesto 400 ore di lavoro. È abbinata ad una gonna di organza nera a corolla e al corpetto ricamato di cannette e perline di vetro. I 'curiellini', i celebri tailleur della stilista amati dalle signore del jet set per la perfezione dei loro tagli, sfoderano tutti i colori dell'oriente, dal bianco avorio al giallo senape, dal rosa cupo all'ecru, dal verde smeraldo al turchese. Note di rosso lacca e di oro su tutto. Tessuti antichi ripresi dagli stampati dei batik uniscono righe e ramage, in bustier e gonne ricamate con pietre colorate o ristampate su moderne organze, sete e chiffon. Un tailleur tinta unita bianco avorio dall'apparente semplicità, nasconde, sotto uno spolverino dal taglio netto, un tubino bianco completamente lavorato a nido d'ape con le sole nervature: «800 ore di lavorazione» rivela la couturier. Sfilano giacche caban in patchwork di tessuti batik, sari e sarong, giacchine meravigliosamente decorate con pietre vere, legni colorati, fibre di erbe, canne di bambù, che «starebbero bene anche portate con i jeans» commenta Curiel. Tailleur ricamati con fili di seta formare uno stampato di girasoli.
La sposa è una regina di Giava, in lungo abito bianco e oro, ricamato con lacche avorio su disegno di un tatuaggio vero fatto sul corpo di un filippino. Il velo corto è trattenuto da una tiara d'oro indonesiana. I gioielli sono vistosi: cinture con enormi fibbie-broche a forma di farfalla, collane dorate giganti, maxi bracciali, orecchini-lanterna ed acconciature alte sormontate da tipiche tiare d'oro di Giava e Sumatra sulla sommità della testa. Sono stati realizzati dalla designer Marina Corazziari. Le deliziose calzature, colpiscono le decolletè a tre colori, con tacchi a rocchetto anni '50, sono state realizzate da Sgamo con Gigliola Curiel, figlia della stilista.
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