Finite le speranza per la famiglia italo-siriana di cui non si avevano più notizie da lunedì, giorno del devastante terremoto che ha provocato finora oltre 25 mila morti tra Turchia e Siria. I corpi, di tre adulti e tre minorenni, sono stati recuperati ad Antiochia, dove erano andati per festeggiare la nascita del figlio di un parente, partendo dalla provincia di Milano, come ha annunciato questa mattina il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Proseguono invece le ricerche di Angelo Zen: nelle scorse ore, oltre ad un carico di aiuti per la Siria, è partita anche una squadra dell’Unità di crisi della Farnesina diretta a Kahramanmaras, epicentro turco del sisma, dove si trovava per lavoro l’imprenditore veneto. Oggi, nonostante siano passati quasi sei giorni da quello che il capo degli aiuti internazionali dell’Onu Martin Griffiths ha definito come «il peggior disastro degli ultimi 100 anni nella regione», i soccorritori hanno continuato a trovare persone vive sotto i resti degli edifici polverizzati. Una bambina di due anni è stata portata in salvo dopo 122 ore nella provincia turca di Hatay. Poi è stata la volta di un neonato di 2 mesi, nel sud del Paese. Un’anziana di 83 anni nella provincia di Malatya, un ragazzo di 16 anni, una tredicenne ad Antakia, una famiglia di 5 persone. «C'è ancora il mondo?», ha chiesto Menekse Tabak, 70 anni, mentre veniva liberata dalle rovine a Kahramanmaras. Storie miracolose di sopravvivenza, nel mare della devastazione. Seppure le previsioni si annuncino tetre: il bilancio dei morti tra Turchia e Siria potrebbe «raddoppiare», ha stimato Griffiths, «è terrificante». «Difficile immaginare un’emergenza più complessa», ha affermato il portavoce Onu per la Siria. Parole a cui si aggiunge il racconto del corrispondente della Bbc: «Abbiamo visto i bambini scavare con le mani tra le macerie» ad Harem nella provincia di Idlib, controllata dai ribelli. «Nessuno ci ha aiutato», ha detto Abu Ali, spiegando che sua figlia lunedì scorso era ancora viva, ma sotto le macerie. L’ha tirata fuori a mani nude, con l’aiuto dei vicini, quando ormai era troppo tardi. Il portavoce del segretario generale dell’Onu ha spiegato che in Siria «fino a 5,3 milioni di persone potrebbero essere rimaste senza casa. La sicurezza è molto difficile». E proprio la questione della sicurezza ha interrotto in Turchia le squadre di soccorritori austriaca e tedesca: «Ci sono segnalazioni di scontri tra diverse fazioni, sono stati sparati colpi di arma da fuoco», nell’area dove operano militanti curdi e ribelli siriani. La presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha annunciato che «agli inizi di marzo sarà convocata una conferenza dei donatori per mobilitare ulteriori fondi per i soccorsi». Certo, ci vorrà del tempo. Ma adesso sono le ore, i minuti, che contano. Come è stato per Zeynep Kahraman, 40 anni, rimasta sepolta per più di cento ore sotto il cemento armato nel sud della Turchia. I soccorritori sono arrivati dopo due giorni, hanno detto i parenti, poi ci hanno messo 10 ore per liberarla dalla profondità delle macerie. Oggi i suoi fratelli hanno fatto sapere che si è spenta in ospedale. «Ma il nostro sforzo non è stato vano: è morta tra le braccia della sua famiglia», ha commentato il medico che l’ha soccorsa.