Dopo il cancro, dopo il carcere (nel 2017 condannato, nel 2019 fuori), dopo due mandati (dal 2003 al 2011), Luiz Inàcio Lula da Silva, 77 anni, centra un traguardo storico, la terza elezione a presidente del Brasile. Una 'resurrezionè, con una promessa, l’unità del paese. L’ex sindacalista, l’uomo che ha puntato tutto, nelle sue presidenze precedenti, sulla lotta alle disparità sociali, dal primo gennaio 2023 governerà su 215 milioni di brasiliani.
Tuttavia la sua vittoria al ballottaggio su Jair Bolsonaro, presidente uscente, è arrivata con uno scarto di appena 2 milioni di voti circa. Quando sono stati scrutinati il 100% dei seggi, Lula è al 50,90% delle preferenze (60.345.999 voti), Bolsonaro al 49,1% (58.206.354 voti) Un soffio, dopo una battaglia elettorale aspra che ha chiesto anche l’intervento dell’Alta Corte. La gente in strada, le bandiere, i caroselli di auto e moto, la musica e i cori che in diverse parti del paese testimoniano la festa dei suoi sostenitori vanno di pari passo a un risultato delle urne che racconta un paese diviso. A congratularsi subito con Lula c'è l’ex presidente Fernando Henrique Cardoso, che via Twitter scrive anche «ha vinto la democrazia, ha vinto il Brasile», postando una sua foto con il neo presidente.
Arrivano le congratulazioni da tutti i leader dei paesi del Sud America, arrivano le felicitazioni di Emmanuel Macron ("Insieme potremo unire le forze per affrontare le molte sfide comuni e rinnovare i legami di amicizia tra i nostri due paesi"), di Joe Biden ("Elezioni libere, giuste e credibili"), dell’alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri, Josep Borrell ("Spero che lavoreremo insieme e che promuoveremo relazioni Ue-Brasile").
Arriva anche qualche apertura dai 'rivalì. Il governatore di San Paolo, Tarciso de Freitas, repubblicano e vicino a Bolsonaro, sottolinea che il risultato delle urne «è sovrano». «E' stata una tornata elettorale dura - dice - mostra che il paese è diviso in due, una parte progressista e una conservatrice. Manterremo il dialogo possibile con il governo Lula».
Ma i numeri indicano che in 13 dei 27 stati che compongono il Brasile ci sono al vertice di governo suoi oppositori, mentre Lula potrà contare su 10 governatori. Quindi le sue prime parole sono di pacificazione.
«Il Brasile ha bisogno di pace e unità - le sue parole, dopo aver convocato la stampa in un albergo di San Paolo - dal primo gennaio governerò per tutti i brasiliani e non solo per quelli che mi hanno votato. E’ tempo di riunire la famiglia. A nessuno interessa vivere in un Paese perennemente in guerra. E’ tempo di deporre le armi». L’unico vincitore di questa elezione, è per lui «il popolo brasiliano. Non è una vittoria mia o del mio partito, ma di un immenso movimento democratico. La maggioranza del popolo ha lasciato detto chiaro che desidera più democrazia. Vuole più libertà, più uguaglianza e più fraternità». «Hanno cercato di seppellirmi vivo, ma sono risorto. Sono qui per governare il paese in un momento difficile, ma riusciremo a trovare risposte - spiega ancora Lula - il nostro impegno più urgente è porre fine alla fame». Poi segna ancora la sua differenza con Bolsonaro. Il Brasile è un paese «pronto a riprendere il suo posto nel combattere la crisi climatica, specie in Amazonia. Il pianeta ha bisogno di una Amazonia viva».
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