Lunedì 23 Dicembre 2024

Tunisia, affonda petroliera con 750 tonnellate di carburante: si teme un disastro ambientale

La petroliera Xelo
Il Golfo di Gabes

Era venerdì sera quando la petroliera Xelo, proveniente dall’Egitto e diretta a Malta, ha chiesto di poter entrare nelle acque territoriali tunisine per trovare riparo dal mare in tempesta. Ma, prima di raggiungere la costa, è naufragata nel Golfo di Gabes, di fronte alla costa sud-orientale della Tunisia. E lì è affondata, con il suo carico altamente inquinante: 750 tonnellate di gasolio che ora giacciono in fondo al mare. Le autorità affermano che la situazione «è sotto controllo». Ma finché il relitto e il suo carico non saranno messi in sicurezza tutto può ancora succedere. È stato il ministro dell’Ambiente, Leila Chikhaoui, ad affermare di non ravvisare al momento pericoli di inquinamento nell’area, situata praticamente al centro del Mediterraneo. «Riteniamo che lo scafo sia ancora a tenuta stagna e che finora non ci siano state perdite», ha detto in un’intervista all’Afp. Inoltre, secondo il ministro, «il gasolio tende ad evaporare abbastanza velocemente», anche nel caso in cui affiorasse. Tuttavia, se necessario la Tunisia potrebbe «fare appello agli aiuti internazionali». È stato intanto attivato il piano nazionale di emergenza per la prevenzione dell’inquinamento marino con l’obiettivo di controllare la situazione ed evitare la diffusione di inquinanti», ha fatto sapere il ministero dell’Ambiente. I ministeri della Difesa, dell’Interno, dei Trasporti e delle Dogane stanno lavorando quindi per evitare «un disastro ambientale nella regione e per limitarne le ripercussioni», precisa la stessa fonte. Le autorità giudiziarie di Gabes hanno anche aperto un’indagine sull'accaduto, prendendo atto di «perdite minime» che, a loro dire, non farebbero «presagire disastri». Di certo c'è che venerdì sera la petroliera Xelo, lunga 58 metri e larga 9 e battente bandiera della Guinea Equatoriale, si stava dirigendo verso Malta dal porto di Damietta in Egitto. Mentre imperversava il maltempo, ha chiesto di poter entrare in acque tunisine ma, a circa 7 km dalla costa, ha iniziato a imbarcare acqua. Poco dopo nella sala macchine ce n'erano due metri. Le autorità tunisine hanno quindi evacuato i sette uomini di equipaggio, un capitano georgiano, quattro turchi e due azeri, portati in salvo prima dell’affondamento, avvenuto all’alba. Trasportati in ospedale per accertamenti, sono poi stati trasferiti in hotel e interrogati sulle cause del naufragio. Si attende ora che la furia del mare, dove persistono forti venti e mareggiate, si plachi abbastanza da permettere ai sommozzatori di andare a controllare da vicino le condizioni dello scafo. Poi si deciderà se pompare il carico da lì o avvicinare la nave alla costa. A scopo precauzionale, lungo il perimetro del naufragio sono state predisposte barriere antinquinamento, sorvegliate dai militari e inaccessibili a chiunque sia estraneo ai soccorsi. La regione del Gabes ospita oltre la metà della flotta di pesca tunisina ma negli ultimi anni ha sofferto, secondo diverse ong, di vari episodi di inquinamento, anche per la presenza sulla costa di industrie di lavorazione del fosfato e di un oleodotto che trasporta petrolio dal sud della Tunisia. Intanto, un altro incidente ha coinvolto una petroliera, la Chang Yi, una petroliera da 9.995 tonnellate immatricolata a Panama, a 300 chilometri dalla costa di Hong Kong. Una esplosione a bordo ha ucciso un uomo dell’equipaggio ferendone altri 6. Ignote le cause del disastro, che ha richiesto l’intervento di un aereo e due elicotteri. Nella zona è ormai buio, ed è stato finora impossibile accertare se vi siano o meno perdite di petrolio in mare.

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