L’ammiraglia della flotta russa nel mar Nero è affondata. A ventiquattr'ore dall’attacco da Odessa con missili Neptune rivendicato da Kiev, Mosca annuncia la definitiva perdita dell’incrociatore Moskva, colato a picco nelle gelide acque al largo dell’Ucraina meridionale dopo aver «perso stabilità mentre veniva rimorchiato durante una tempesta». Secondo la Difesa russa, la nave è affondata «nel mare agitato a causa del danno allo scafo, avvenuto durante l'incendio seguito all’esplosione delle munizioni» trasportate a bordo. Dopo che l’equipaggio di circa 500 marinai era stato evacuato, il Pentagono, che aveva confermato «almeno un’esplosione» ma non la sua causa, la dava diretta al porto di Sebastopoli, in Crimea, per un disperato tentativo di rimetterla in sesto. Che in serata però è fallito, mandando a fondo, insieme a un gigante da 12.500 tonnellate e 750 milioni di dollari, un pezzo importante della credibilità delle forze armate di Vladimir Putin. E con il Moskva, si teme possa essere finita negli abissi anche una testata nucleare che, secondo voci non confermate, avrebbe fatto parte del suo arsenale. Intanto, in vista della grande battaglia del Donbass, gli Usa hanno promesso di far giungere «le nuove armi all’Ucraina in meno di una settimana», precisando che «poi le forze di Kiev le porteranno nell’est» e lanciando un monito a Mosca: «Gli Stati Uniti non stanno operando in Ucraina, ma se i russi dovessero colpire una qualsiasi parte di territorio della Nato, dove le attrezzature militari vengono assemblate, questo comporterebbe l'invocazione dell’articolo 5 e cambierebbe completamente il gioco», ha avvertito il consigliere per la Sicurezza Nazionale Jake Sullivan dopo che ieri Mosca aveva definito «obiettivi militari legittimi i veicoli Usa e Nato che trasportano armi e munizioni attraverso il territorio ucraino». Nel cinquantesimo giorno di guerra, la perdita del Moskva alla flotta russa - evento dal forte impatto simbolico per il morale dei combattenti su entrambi i fronti - ha monopolizzato l'attenzione, scatenando timori di rappresaglie su Odessa, dove sono state udite alcune esplosioni, anche se il comando operativo dell’Ucraina meridionale assicura che «al momento non c'è pericolo per la popolazione civile». Mosca, intanto, è tornata ad accusare le forze di Kiev di aver preso di mira villaggi in territorio russo vicino al confine, bombardando edifici residenziali nella regione di Belgorod e Bryansk, senza provocare vittime. Nel villaggio di Klimovo, però, ci sarebbero 7 feriti, tra cui una donna incinta e un bambino. Accuse che le autorità militari di Kiev respingono al mittente come un tentativo di «alimentare un’isteria anti-ucraina in Russia». A Mariupol, la resistenza appare sempre più allo stremo. Il consigliere dell’ufficio del presidente Volodymyr Zelensky, Oleksiy Arestovych, ha annunciato che i fanti di marina della 36/ma brigata, rimasti isolati nella città assediata, sono stati fatti prigionieri dall’esercito russo. «Ma non si tratta di mille soldati ucraini, molti meno», ha precisato, riferendosi all’annuncio di Mosca secondo cui 1.026 militari si sarebbero arresi. I raid russi continuano anche nel Donbass e nelle regioni circostanti dell’est del Paese, con l’obiettivo di fiaccare le difese prima dell’offensiva di terra, per cui da giorni decine di migliaia di soldati convergono verso i territori già in parte controllati dai separatisti. A Slobozhansky, nel nord-est, le forze di Mosca stanno conducendo la ricognizione dei probabili luoghi dell’attacco, mentre continua il blocco parziale di Kharkiv, dove secondo le autorità locali le vittime civili dall’inizio del conflitto sono almeno 503, tra cui 24 bambini. Sistematici raid missilistici e di artiglieria sono stati denunciati sulle infrastrutture militari e civili anche a Donetsk, specie nei distretti di Slavyansk, Popasna e Kurakhovo, e a Zaporizhzhia. Nel frattempo, non si ferma la ricognizione degli orrori. Le autorità ucraine hanno riferito di aver recuperato da inizio aprile nell’area di Kiev abbandonata dai russi i corpi di 765 civili, tra cui 30 bambini. «Questo è solo l’inizio. Abbiamo appena iniziato a lavorare nelle città più grandi come Borodyanka, Hostomel, Irpin e Bucha», ha detto il vice procuratore capo della regione, Oleh Tkalenko. Nonostante le atrocità, resta comunque aperto il canale per gli scambi di prigionieri. Kiev ha fatto sapere che ne è stato effettuato un quarto, che ha permesso di riportare in Ucraina 22 militari e 8 civili, tra cui una donna.