Sul piazzale davanti all’aeroporto rimangono i bossoli della battaglia, calibri da mitragliatrice montata su mezzi blindati e proiettili traccianti. Sono i colpi esplosi dalla brigata d’assalto ucraina che il 9 di marzo ha ripreso il controllo dell’aeroporto di Mykolaiv. Ma quando gli uomini di Kiev sono rientrati in possesso del terminal l’intera struttura era già in brandelli. I russi avevano iniziato a bombardare il piccolo aeroporto costiero già dal 24 febbraio e la settimana successiva erano riusciti a prenderne il controllo dopo aver attraversato la città con i mezzi corazzati bloccando una delle arterie principali del Paese che avrebbe potuto portarli fino a Kiev, completando la manovra a tenaglia sulla capitale. Qualcosa in quei giorni però andò storto nei piani di Putin e pochi giorni dopo le truppe russe si trovarono circondate nella città portuale e senza rifornimenti, costrette alla fuga. «Quello che i russi non hanno distrutto in quei giorni lo fanno oggi con i missili Iskender che sparano ogni giorno sulla nostra testa da Kherson e da Nova Khakovka», spiega uno dei militari dell’ufficio stampa del centro di comando meridionale delle truppe di Kiev. «Non sono riusciti a prendere Mykolaiv ed ora il loro obiettivo è quella di renderla invivibile e di impedirci di ricostruirla radendo al suolo tutte le nostre infrastrutture», spiega il militare mentre sposta con un calcio il resto di alcuni bagagli abbandonati. Dopo il ritiro dei russi dalla zona attorno all’aeroporto gli attacchi missilistici sono stati quasi quotidiani «abbiamo dovuto aspettare quasi 10 giorni per riprendere i corpi di alcuni compagni morti, i russi non hanno smesso un attimo di bombardare», raccontano dal comando centrale di Mykolaiv. Il piccolo aeroporto costiero avrebbe dovuto stimolare il turismo nella zona, alle pareti sono ancora visibili le pubblicità di alcune compagnie low cost, il cartello della zona arrivi è stato sistemato dai militari a terra di fianco ad un orsacchiotto, abbandonato al momento della prima esplosione, e che ora giace su un letto di vetri rotti. Al piano superiore una poltrona rovesciata e resti di razione tattica testimoniano che li sdraiato c'è stato un cecchino, dalla crepa nel muro di fronte la visuale apre sulla pista d’atterraggio dissestata dalle esplosioni. Anche alla stazione ferroviaria è toccata la stessa sorte, se la vecchia facciata sovietica ha tenuto, l'interno è invece completamente sfondato. Ancora intero invece il porto commerciale ma parte delle rimesse navali sono già distrutte, l’ultimo attacco lunedì mattina quando un missile russo ha colpito i cantieri navali della ditta qatariota QTerminals Olvia. Proprio dai cantieri navali, al centro dei quali svetta un vecchio trampolino olimpico per il salto con gli sci, parte la strada costiera che porta ad Oleksandrivka, la cittadina ucraina della regione di Kherson dove il comando meridionale sta ammassando i mezzi d’assalto e da dove spera di lanciare la controffensiva su Kherson, e riportarsi così a due passi dalla Crimea.