Notte di terrore in tutta Europa e nel mondo per l’Ucraina, dove i lanci russi contro una grande centrale nucleare per qualche ora hanno evocato lo spettro di una nuova Chernobyl. Chiusosi con un nulla di fatto il nuovo round di colloqui diretti Ucraina-Russia nei boschi di Brest, se non per l’unico accordo sull'apertura di corridoi umanitari per evacuare i civili, la guerra è ripresa con vigore durante la notte, soprattutto sul fronte sud. Qui le truppe russe hanno ingaggiato un lungo combattimento con quelle ucraine poste a difesa della centrale nucleare a sei reattori di Enerhodar, nell’oblast di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa, che rifornisce quasi metà dell’energia nucleare ucraina, bersagliandola con tiri d’artiglieria e di mitragliatrici pesanti «da tutte le parti», provocando secondo alcune fonti l'incendio di una delle sei unità, mentre secondo altre il rogo era in un edificio fuori dal perimetro della centrale. Il Servizio di sicurezza ucraina, intervenuto per spegnere l'incendio, ha scritto su Facebook che si trattava della struttura di formazione della centrale nucleare di Zaporizhia, nella città di Enerhodar. Notizie dal posto indicavano che i pompieri non riuscivano ad accedere perché «sotto tiro» da parte delle forze russe. Da quel momento sono partiti, nel cuore della notte, gli appelli a cessare immediatamente i combattimenti attorno alla centrale, dal governo ucraino all’Agenzia atomica dell’Onu (Aiea), dal presidente Usa Joe Biden, che ha parlato al telefono con il leader ucraino, Volodymyr Zelensky, come ha fatto anche il premier britannico, Boris Johnson, che ha detto di volere convocare d’urgenza il Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Due ore circa è durato il terrore, poi il portavoce della centrale ha fatto sapere che alla fine i pompieri hanno potuto raggiungere la zona e hanno spento l’incendio. La sicurezza della centrale atomica «è stata ripristinata», ha quindi dichiarato un comandante militare locale ucraino. Poi la certificazione della stessa Aiea, che «le attrezzature essenziali» della centrale colpita non «sono state compromesse dall’incendio» e che non ci sono state fughe radioattive, come per alcuni minuti fonti locali avevano fatto temere. Tuttavia, l’attacco di Mosca ha scatenato le reazioni dell’Occidente. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ne ha approfittato per puntare il dito contro Mosca, accusata di usare come arma il «terrore nucleare», colpendo, come nessuno aveva mai osato fare nella storia dell’umanità, una centrale atomica. Se fosse esplosa - ha rincarato la dose il ministro degli Esteri, Dmytro Kuleba - sarebbe stato «dieci volte peggio di Chernobyl». Zelensky ha sentito telefonicamente nella notte il presidente Usa. Joe Biden ha esortato quindi la Russia a cessare il fuoco sulla centrale. E il primo ministro britannico Boris Johnson ha accusato Vladimir Putin di mettere in pericolo l’intera Europa. Boris Johnson ha poi chiesto una riunione di emergenza del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Ma intanto la diplomazia cede il passo a missili, bombardamenti e scontri a fuoco non solo nelle città ma anche, appunto, attorno agli obiettivi strategici segnati in rosso (forse da tempo) sulle mappe russe. Come la centrale di Zaporizhzhia, che genera all’incirca la metà dell’elettricità prodotta da Kiev da fonte nucleare e oltre un quinto dell’elettricità totale che produce l’Ucraina. L’impianto genera 40-42 miliardi di kWh, che rappresentano un quinto della produzione media annua di elettricità in Ucraina e quasi il 47% dell’elettricità generata dalle centrali nucleari del Paese. Nel 1980 iniziò la costruzione graduale delle unità di potenza dell’impianto. Nel periodo dal 1984 al 1987 sono stati messi in funzione quattro propulsori. L’unità 5 è stata avviata nel 1989 e l’unità 6 nel 1995. Anche i mercati hanno subito questa nottata di combattimenti e panico: tonfo dei future sui listini di Wall Street e delle Borse europee ed apertura in forte calo per le Borse asiatiche.