Domenica 22 Dicembre 2024

La crisi ucraina, la Russia parla di ritiro delle truppe ma gli Usa spostano l'ambasciata

Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov
Lavrov e Putin
Zelensky (a destra) e Scholz
L’arrivo dei due leader
La conferenza stampa congiunta
Joe Biden con la moglie Jill
La first lady americana Jill Biden
Il ministro Russo Shoigu mostra dei documenti al segretario della Difesa britannico Ben Wallace
Il segretario di Stato degli Usa Antony Blinken
Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov
Il premier inglese Boris Johnson
Il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio

Qualche crepa si apre nel muro contro muro della crisi ucraina, ma Kiev resta drammaticamente in bilico tra guerra e pace. Mentre la diplomazia tenta freneticamente di aprirsi una strada alternativa al conflitto con la missione del cancelliere tedesco Olaf Scholz a Kiev e poi a Mosca, dalla Russia arrivano timidi segnali di apertura. Ci sono «chance» di trovare un accordo con l’Occidente, ha detto in mattinata il ministro degli Esteri Sergei Lavrov, incontrando Vladimir Putin e spiegando che i suoi diplomatici stanno preparando una risposta di 10 pagine alle proposte Usa sulla sicurezza. Ma da Oltreoceano continuano ad arrivare segnali d’allarme, con Washington che ha annunciato lo spostamento dei restanti funzionari della sua ambasciata da Kiev a Leopoli - una mossa definita da Zelensky un «grosso errore» - mentre il segretario di Stato Antony Blinken ha parlato di «un’accelerazione drammatica» nel dispiegamento di forze russe al confine con l’Ucraina, che secondo fonti dell’amministrazione hanno iniziato a muoversi in «posizioni da attacco», con «ben oltre centomila» uomini schierati. Uno schieramento cui gli americani rispondono continuando a rafforzare gli alleati dell’area, con altri otto caccia F-15 atterrati alla base polacca di Lask. E si rafforza anche l’allerta sul d-day dell’attacco: il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha fatto sapere di essere stato informato sui dettagli del possibile piano di invasione, che dovrebbe avvenire mercoledì, come indica da giorni l’intelligence americana: una data-spauracchio che il leader di Kiev ha provato ad esorcizzare decretando una «giornata dell’unità», in cui la popolazione sarà invitata a «sventolare le bandiere ucraine e a indossare i colori nazionali». In questo scenario di caos, da Mosca sembrano giungere messaggi di apertura. Il ministro della Difesa Sergei Shoigu ha fatto sapere che «una parte delle esercitazioni» delle forze armate alle porte dell’Europa «si sta concludendo, un’altra sarà completata nel prossimo futuro». Di «esigui canali per il dialogo» ha parlato anche il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov. Alla carota dei luogotenenti si accompagna però il bastone del capo: l’espansione a est della Nato, ha accusato ancora una volta Vladimir Putin, «è infinita e molto pericolosa» e avviene «a spese delle ex Repubbliche sovietiche, inclusa l’Ucraina». Una posizione che il leader del Cremlino ribadirà nell’incontro di domani (martedì 15 febbraio) con Scholz, che da Kiev ha provato intanto a raffreddare gli animi. La questione dell’ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza atlantica attualmente «non è in agenda», e proprio per questo, ha detto, è strano che Mosca agisca come se lo fosse. Un ennesimo tentativo di sgombrare il tavolo da quello che l’Occidente considera il grande pretesto della crisi, ma su cui Kiev continua a non mollare. Tanto che a un paio di metri di distanza, nella sala in cui si svolgeva la conferenza stampa congiunta, Zelensky ha insistito sul fatto che l'ingresso nella Nato «garantirebbe la sicurezza» del suo Paese, rilanciando anche l’accusa contro il gasdotto Nord Stream 2 considerato «un’arma geopolitica» nelle mani di Mosca. Anche l’erede di Angela Merkel, del resto, resta affacciato al bivio. «In caso di aggressione militare, saremmo pronti a sanzioni su vasta scala. Se la Russia violerà nuovamente la sovranità ucraina, sapremo cosa fare», ha avvertito, tornando a minacciare «gravi conseguenze», ma invitando allo stesso tempo Mosca a «cogliere le offerte di dialogo», dopo aver già sollecitato «segnali immediati di de-escalation». Toni ambivalenti, come del resto è la situazione, mentre da Londra il premier Boris Johnson ha chiesto a Putin un passo indietro «dall’orlo del precipizio» ma in una telefonata con il presidente americano Joe Biden ha concordato sul fatto che resta una «finestra per la diplomazia». Nessuno insomma vuole farsi cogliere di sorpresa. E mentre l'Ue, dopo l’allarme della Polonia, prepara un piano d’aiuti per i Paesi di primo arrivo nella gestione dei possibili rifugiati, la diplomazia continua a vivere ore convulse. Una sessione ad hoc dei leader europei potrebbe tenersi a margine del summit di giovedì tra Ue e Unione Africana, e non si esclude neanche un summit straordinario di quelli del G7, che intanto ha assicurato di aver preparato un pacchetto di «sanzioni economiche e finanziarie con conseguenze enormi e immediate sull'economia russa». Anche l’Italia prova a ritagliarsi un ruolo di primo piano. Di Maio sarà domani (martedì) a Kiev, dove «ribadirà il pieno sostegno dell’Italia alla sovranità e integrità territoriale dell’Ucraina» e «confermerà il convinto appoggio italiano a ogni sforzo negoziale». Probabilmente giovedì il ministro è invece atteso a Mosca per un incontro annunciato dal suo omologo Serghei Lavrov. Sempre che la situazione non precipiti prima.      

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