Il telescopio spaziale James Webb, il più potente di sempre, una rivoluzione nell’osservazione dell’Universo che gli astronomi di tutto il mondo aspettavano da 30 anni, è stato lanciato con successo aprendo - come ha commentato la Nasa - «una nuova era» nello studio dello spazio. Decollato a bordo del razzo vettore Ariane 5, alle 12:20 GMT (le 13.20 in Italia) dalla base dell’Agenzia spaziale europea (Esa) nella Guyana francese, dopo 27 minuti di viaggio il James Webb è stato rilasciato con successo diretto verso la sua orbita finale che raggiungerà tra un mese: da un punto di osservazione situato a circa 1,5 milioni di chilometri dalla Terra, il telescopio studierà le origini dell’Universo. Erede del mitico Hubble, lanciato nello spazio nel 1990, il James Webb Telescope punta a «riscrivere l’astronomia» fornendo dati inediti per chiarire due questioni essenziali: «Da dove veniamo?» e «Siamo soli nell’Universo?», ha riassunto l’astrofisica della Nasa Amber Straughn. Il potente strumento da 12 miliardi di dollari è frutto di una collaborazione tra Nasa, Esa e l’Agenzia spaziale canadese (Csa).
Nella missione c'è anche un po' di Italia
Nella missione di James Webb c’è anche un pò d’Italia. Il primo contatto dallo spazio è avvenuto con successo grazie all’antenna della base Asi a Malindi, in Kenya, mentre in seguito, una volta iniziata l’osservazione, trasmetterà alla base Nasa di Baltimora i dati, che saranno poi inviati a Pisa dove verranno studiati dal Gruppo di ricerca di Cosmologia della Normale, di cui è responsabile il professor Andrea Ferrara. «E’ uno strumento potentissimo, lungo sei metri e mezzo; potrà eseguire osservazioni straordinarie grazie all’altissimo livello tecnologico con cui è stato disegnato e progettato», ha spiegato Ferrara, «il suo viaggio verso la destinazione durerà sei mesi e, una volta arrivato in postazione, fatte le necessarie verifiche da terra, inizierà le osservazioni», intorno a maggio 2022. Dalla sua postazione, James Webb potrà osservare la vita più antica delle galassie e tra i primi a ricevere i suoi dati saranno i ricercatori della Normale. «Il nostro progetto», ha raccontato Ferrara, «è stato selezionato tra le oltre mille proposte presentate dagli scienziati di tutto il mondo in risposta alla call aperta dalla Nasa in collaborazione con Esa, e Csa. Avremo a disposizione 21 ore di osservazioni che useremo per studiare la vita primordiale di tre galassie». La potenza del nuovo telescopio spaziale dovrebbe consentirgli di scrutare fino all’“alba cosmica», il momento in cui le prime galassie hanno cominciato a illuminare l’Universo dopo il Big Bang, 13,8 miliardi di anni fa. Dovrebbe anche aiutare nello studio dei pianeti non appartenente al sistema solare, i cosiddetti esopianeti, in modo che gli astronomi ne scoprano di più e, alla fine, possano identificarne altri come la Terra in futuro.