È un mare di dolcezza la collezione per la prossima estate di Giorgio Armani, che dopo 20 anni è tornato a sfilare nel teatrino di via Borgonuovo, trasformato in un fondale acquatico illuminato dalle luci del tramonto. Una magia che accomuna la scelta del luogo e gli abiti, e che ha lasciato più di un ospite con gli occhi lucidi. «Oggi si ha voglia di dolcezza, di essere innamorati e che qualcuno si innamori di noi - dice Giorgio Armani al termine della sfilata -, abbiamo voglia di recuperare dei rapporti persi a causa del mondo, che sta andando verso una situazione discutibile. Teniamo quello che abbiamo con i denti, abbiamo la terra: cerchiamo di salvare lei e noi stessi». E lo si può fare partendo da un sorriso, lo stesso che, inaspettatamente, sfoggiano le modelle in passerella: «È stata una bella guerra - scherza Armani -, le ragazze quando sono fuori sono abituate a essere dure e severe, secondo una scuola di questi ultimi anni, drastica nel dire che sorridere è una cosa vecchia, invece sorridere fa piacere a tutti». E strappano più di un sorriso le canzoni che, dopo «L'infinito» di Leopardi, accompagnano la passerella, da Lucio Dalla a Loredana Bertè, tutti i classici della canzone italiana che parlano di mare e d’estate. «Finalmente la canzone italiana, io adoro questi pezzi e dovevate vedere - racconta alla stampa - come si muovevano le ragazze ascoltando questi brani, con amore e non con isterismo». Una scelta che è anche «un omaggio all’Italia, ma non vorrei - minimizza lui - ergermi a salvatore della patria. Mi ricordano 40 anni fa, quando ho iniziato e queste canzoni accompagnavano il mio lavoro: questo insieme di cose mi ha convinto a calcare un pò la mano». Certo, trasformare il teatrino di via Borgonuovo in un fondale marino «è stata una bella fatica, ma il risultato c'è: scendere in questo sotterraneo e trovare un’atmosfera del genere mi sembrava una cosa inaspettata e magica». E sono pura magia gli abiti per la prossima estate: mentre tutti scoprono le gambe e la pancia, Armani manda in scena una collezione che è un tripudio di dolcezza e leggerezza. Il giorno è una sinfonia marina di bianchi e di blu, accesa da toni di rosso corallo, con le giacche senza collo chiuse da spille-gioiello in smalto o morbide e allungate abbinate a pantaloni sempre fluidi, quasi fluttuanti, come echi di viaggi in paesi lontani. Ma sono giusto memorie rivisitate in chiave metropolitana, abbinate a cuffie crochet o foulard a coprire il capo e sandali bassi e stringati. «Mescolare suggestioni - spiega Armani - è da sempre parte del mio linguaggio: colgo segni e colori ovunque, per poi lavorare in sottrazione, purificare, mantenendone l’eco. Questa collezione è un métissage: una mescolanza di influenze, di ricordi di viaggio. I colori si accendono, il rigore si ammorbidisce. I tempi, a mio avviso, richiedono questo». Tutto diventa impalpabile nella sequenza di grigi pallidi, di azzurri e verdi tenui, per giacche essenziali e lunghe gonne vaporose. E poi di sera si entra nella dimensione del sogno, con abiti luminosi e senza peso, strati di tulle nei toni del rosa o dell’azzurro, che sfiorano appena il corpo e si accendono di bagliori di cristalli. E pensare che solo l’altro giorno, quando gli è stato chiesto se era felice di tornare a sfilare in presenza di pubblico, Armani aveva risposto che «il rischio è che non arrivi l'applauso, vedere la gente che va via». Questa volta, l'applauso è arrivato forte e chiaro, insieme a qualche lacrimone.