Lunedì 23 Dicembre 2024

Guerra e crisi energetica, a rischio la ripresa. Confindustria Sicilia: «Previsioni non felici»

 
 
 
 
 
 

Guerra e crisi energetica stanno mettendo a rischio la ripresa nel biennio 2022-2023. È quanto emerge dal Rapporto Regionale PMI 2022, realizzato da Confindustria e Cerved, in collaborazione con Unicredit e Gruppo 24 Ore. Lo studio tiene conto del conflitto russo-ucraino e della persistenza dei rincari sul mercato delle materie prime e analizza l’esposizione delle PMI italiane ai rischi climatici, ambientali e di transizione nelle diverse regioni. Sono stati analizzati andamenti e prospettive di 160 mila società italiane che, impiegando tra 10 e 249 addetti e con un giro d’affari compreso tra 2 e 50 milioni di euro, rientrano nella definizione europea di piccola e media impresa, e generano un valore aggiunto complessivo pari a 204 miliardi di euro. “Nell’ultimo anno, dopo il flagello del Covid 19, le piccole e medie imprese siciliane hanno dovuto affrontare non solo conseguenze della pandemia ma anche lo shock legato al conflitto Russia-Ucraina e ai rincari di energia e materie prime. E le previsioni non sono felici", è il commento di Alessandro Albanese, presidente di Confindustria Sicilia. "È estremamente probabile che il processo di recupero delle PMI subisca una battuta d’arresto - sottolinea Albanese -, con intensità diverse a seconda di come evolverà la situazione geopolitica internazionale e delle risposte europee e nazionali. È in bilico la tenuta stessa del sistema e per questo è necessario mettere in campo azioni diversificate, orientate al sostegno della competitività delle aziende, che rappresentano il vero motore per la ripresa". "Tra le principali proposte abbiamo individuato il rinnovo della moratoria di legge per le PMI - spiega il numero 1 di Confindustria Sicilia - ; un intervento strutturato per la patrimonializzazione e il rafforzamento della struttura finanziaria delle imprese, su cui risultano ancora deboli le misure fiscali finora previste (ACE, credito DTA e aggregazioni); l’utilizzo di strumenti come la leva fiscale o il rafforzamento degli schemi di garanzia a supporto delle emissioni obbligazionarie e di altri strumenti di debito per favorire la crescita dimensionale delle imprese; la proroga del 'credito d’imposta per la quotazione delle PMI' e lo sviluppo della finanza alternativa". "Occorre, in sintesi, creare migliori condizioni e più efficaci strumenti per potenziare la struttura finanziaria, la patrimonializzazione delle imprese e - conclude Albanese - rilanciarne gli investimenti, per accompagnarle in un percorso di crescita e di innovazione che coinvolga anche il capitale umano”. "Le regioni del Mezzogiorno hanno subito gli effetti della pandemia con un’intensità minore rispetto al resto del Paese - si legge nel Rapporto Pmi - , grazie ad una specializzazione produttiva maggiormente concentrata in comparti meno colpiti dalla crisi, come l’agroalimentare e le costruzioni, e per il maggiore peso nella struttura economica dei servizi di prossimità (es. distribuzione alimentare), non toccati dalle restrizioni e in forte recupero nel 2021. Nel Mezzogiorno, dove risultano prevalenti la dimensione del rischio di credito e di transizione, presenta almeno un rischio il 29,4% delle PMI, mentre il Nord-Ovest è l’area con l’incidenza complessiva più bassa (22,7%). Analizzando i debiti finanziari la maggiore incidenza si registra nel Nord-Est (39,9% dei debiti finanziari con almeno un rischio), seguito da Centro (39,6%), Mezzogiorno (33,9%) e Nord-Ovest (27,1%)". "Occorre, dunque, creare migliori condizioni e più efficaci strumenti per potenziare la struttura finanziaria e la patrimonializzazione delle imprese e rilanciarne gli investimenti - si legge ancora nel Rapporto Pmi - , per accompagnare le imprese in un percorso di crescita e di innovazione che coinvolga anche il capitale umano, rafforzando formazione e riqualificazione professionale per adeguare le competenze alla forte accelerazione nell’utilizzo delle nuove tecnologie, in particolare digitali". "I maggiori costi energetici subiti dalle imprese stanno producendo effetti preoccupanti sulla loro tenuta e sulla loro capacità di continuare a produrre. E questo è un problema che assume dimensioni ancor più preoccupanti per le PMI, rispetto al quale sono necessarie misure straordinarie, ma anche strutturali, che le accompagnino nella transizione energetica e ambientale. Sono temi che devono e possono trovare risposte nella politica di coesione territoriale 2021-2027, in particolare nei piani operativi delle Regioni, come pure in alcuni piani operativi nazionali".

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