Giovedì 19 Dicembre 2024

McDonald's e Coca-Cola chiudono in Russia: ecco l'elenco dei colossi americani che si fermano

Piazza del Maneggio, a Mosca
Piazza del Maneggio, a Mosca
Starbucks sulla Prospettiva Nevskij (San Pietroburgo)
Un Babbo Natale pubblicitario della Coca-Cola a San Pietroburgo
Clienti di McDonald’s a Mosca
McDonald’s a Mosca
 

Il Big Mac e il Frappuccino non saranno più disponibili in Russia. McDonald’s e Starbucks, ma anche Coca-Cola e PepsiCo, cedono alla pressione e alle minacce di boicottaggio e, dopo quasi due settimane dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, annunciano la sospensione delle loro attività nel Paese. «Continueremo a monitorare la situazione e valutare se ulteriori misure sono necessarie. In questo momento è impossibile prevedere quando potremo riaprire», afferma l'amministratore delegato di McDonald’s Chris Kempczincki, annunciando la chiusura di tutti gli 850 punti vendita in Russia. «I nostri valori ci spingono a non ignorare la sofferenza umana inutile» che si sta verificando in Ucraina, aggiunge precisando che la società continuerà comunque a pagare i suoi 62.000 dipendenti nel paese. Il colosso si va così ad aggiungere all’elenco che si allunga di giorno in giorno delle aziende in fuga dalla Russia di fronte all’invasione dell’Ucraina. Lo hanno già fatto Apple e Nike, ma anche i colossi petroliferi. E ora cede dopo una forte pressione anche McDonald’s, criticata aspramente per essere rimasta a lungo in silenzio. Critiche analoghe sono piovute anche su Coca-Cola, Starbucks, PepsiCo, costrette anche loro a correre ai ripari. «Continueremo a monitorare e valutare la situazione», dice Coca-Cola annunciando la sospensione delle attività. PepsiCo oltre a fermare le vendite di Pepsi cola e di altre bevande blocca anche gli investimenti di capitale, la pubblicità e l'attività promozionale pur continuando però a vendere prodotti di base come il latte. Starbucks comunica che i suoi 130 punti vendita in franchise si sono detti d’accordo a sospendere immediatamente le attività in Russia. A girare le spalle a Mosca sono anche Shopify e General Electric, confermando come la fuga dalla Russia non si fermi. E come la pressione dei social e il rischio di boicottaggio abbiano spaventato i big. McDonald’s era finita particolarmente nel mirino delle critiche visto che controlla la maggior parte dei suoi punti vendita e questo rende i vertici della società responsabili in prima persona delle scelte effettuate. In Russia e in Ucraina il colosso degli hamburger ha solo il 2% del totale dei suoi ristoranti, e da questi arriva il 9% dei ricavi globali. Una quota ridotta ma non trascurabile e frutto di anni di investimenti e relazioni. Quando è arrivata nel 1990 a Mosca, che era allora ancora parte dell’Unione Sovietica, McDonald’s è divenuta il simbolo dell’ascesa del capitalismo a scapito del comunismo. Nel suo primo giorno di attività si stima che 30.000 russi si erano messi in fila per assaggiare i suoi famosi hamburger. La decisione di chiudere di McDonald’s, Coca-Cola, PepsiCo e Starbucks fa tirare un sospiro di sollievo anche per gli investitori, preoccupati da eventuali danni irreparabili alla reputazione in caso del proseguimento dell’attività ma anche dai crescenti rischi legali e di rispetto delle sanzioni e dei diritti umani.

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