Venerdì 27 Dicembre 2024

La madre di Leonardo da Vinci era una schiava: trovato l'atto di liberazione

Il documento ritrovato
Immagine non datata messa a disposizione dalla Royal Collection Trust
L’autoritratto di Leonardo da Vinci esposto alla mostra di Fiumicino
Carlo Vecce all’Archivio di Stato di Firenze
Carlo Vecce
La copertina del libro di Vecce
L’Archivio di Stato di Firenze
L’Archivio di Stato di Firenze
L’Archivio di Stato di Firenze
L’Archivio di Stato di Firenze

Un documento originale, ritrovato dallo studioso Carlo Vecce nell’Archivio di Stato di Firenze, riscrive la storia di Caterina, madre di Leonardo da Vinci: una giovane originaria dell’antica Circassia, regione del Caucaso, arrivata come schiava a Firenze e liberata con un atto scritto dal notaio Piero da Vinci, padre di Leonardo, il 2 novembre 1452. A renderlo noto lo stesso Vecce, che proprio da questo atto ha fatto partire la sua ricerca che lo ha portato poi a pubblicare con Giunti «Il sorriso di Caterina», biografia romanzata della madre del Genio da Vinci. «La madre di Leonardo era una ragazza della Circassia - rivela Vecce, professore dell’Università di Napoli e studioso della civiltà del Rinascimento - che a un certo punto della sua vita è stata rapita e venduta più volte come schiava fino ad arrivare da Costantinopoli a Venezia e poi a Firenze dove ha incontrato il padre di Leonardo da Vinci». L’ipotesi che Caterina potesse essere una schiava girava però da tempo. «Un po’ per caso, qualche anno fa, sono venuti fuori questi documenti e ho iniziato a studiarli per dimostrare che questa Caterina schiava non fosse la madre di Leonardo, ma alla fine tutte le evidenze andavano in direzione contraria, soprattutto questo documento di liberazione». Con le parole «filia Jacobi eius schlava sue serva de partibus Circassie», l’atto ritrovato attesta la liberazione della schiava Caterina, figlia di Jacob, da parte della sua padrona di Firenze, monna Ginevra. Nel suo romanzo poi Vecce arriva a immaginare che Jacob fosse un principe del Caucaso, ma questo rientra tra le licenze letterarie che l’autore si concede tra un documento storico e l'altro. «Quello che c'è nel libro è reale - ha precisato l'autore -. Nel libro la fiction interviene solo per connettere le loro storie e integrare le lacune». Tra i punti fermi della narrazione c'è il fatto che Caterina sia arrivata a Firenze grazie a un avventuriero fiorentino di nome Donato, che prima di morire, nel 1466, lascia i suoi soldi al convento di San Bartolomeo a Monte Oliveto per la realizzazione della cappella di famiglia. Il notaio che scrive il suo testamento, anch’esso custodito dall’Archivio di Firenze, è sempre Piero da Vinci. Proprio per quella chiesa Leonardo dipinse la sua prima opera, l'Annunciazione in cui, secondo Vecce, si vede l’influsso della madre. «Nel dipinto ci sono una montagna e una città marina - spiega Vecce -, Caterina potrebbe avergli raccontato i luoghi della sua infanzia». Per l’autore «Caterina ha lasciato a Leonardo una grande eredità, sicuramente lo spirito di libertà, il desiderio più grande di una schiava. Nell’opera di Leonardo, infatti, troviamo l’idea di libertà prima di ogni altra cosa». Oltre a questo, il romanzo, anche se incentrato sulla figura della madre, cambia anche la storia dello stesso Leonardo. Il genio, ha detto Vecce, «non è italiano, lo è solo per metà. È figlio di un notaio, ma per l’altra metà Leonardo è figlio di una straniera, di una schiava, di una donna al più basso gradino sociale di quell'epoca, una donna scesa da un barcone». Vecce infine racconta che recentemente a Milano, dietro Sant'Ambrogio, nei lavori per la nuova sede dell’Università Cattolica, sta ricomparendo la cappella dell’Immacolata Concezione, nella cui cripta sono stati trovati resti umani di antiche sepolture. Forse, ipotizza Vecce, anche i resti di Caterina, morta a Milano tra le braccia del figlio Leonardo nel 1494, e sepolta in quel luogo.

leggi l'articolo completo