«Ciao a tutti, mi chiamo Claudio e sono tre anni che non faccio un concerto». Come ad una riunione di alcolisti anonimi (in questo caso di musicisti ben noti), Claudio Baglioni si racconta - in una pausa delle prove - poco prima del debutto di ieri sera al Teatro dell’Opera di Roma (sold out) di «Dodici note solo», il tour che lo porterà per sessanta date nei teatri lirici e di tradizione d’Italia e che segna il ritorno della musica dal vivo.
A marzo sarà anche in Sicilia per tre tappe nei teatri lirici di Palermo, Catania e Messina. Giovedì 3 marzo al Teatro Vittorio Emanuele di Messina, venerdì 4 marzo al Teatro Massimo di Palermo e sabato 5 marzo al Teatro Bellini di Catania.
«Ho una tensione che mi porta via - dice Baglioni a Roma - anche se non è la prima esperienza in questo teatro, un anno fa in pieno lockdown ci ho portato In questa storia che è la mia, né la prima esperienza da solo, dopo Assolo nel 1986, InCanto nel 2001 e DieciDita nel 2011. Sarà un giro d’Italia senza bici, ma con gli strumenti». ù
Ansia e astinenza, non solo perché sono passati tre anni di non musica, ma anche perché «quando hai 20 anni ti puoi prendere delle pause, ora ne ho qualcuno di più e non cantare è stata un’assenza forte. Probabilmente questo sarà l’ultimo concerto di questo tipo, anche se c'è una certa urgenza di fare: quattro anni fa avevo assaporato l’idea di dare il colpo di gong finale, perché vorrei essere io a suonarlo e non l’arbitro», racconta il cantautore romano, che a maggio ha festeggiato i 70 anni.
«Sarà curioso vedere le persone imbavagliate, ma comunque vere». Sul palco Baglioni è da solo, «e se da una parte c'è una grande responsabilità, dall’altra anche tanta libertà. Il problema è stato mettere d’accordo musicista e cantante», scherza, accompagnato dal pianoforte che si divide in tre.
«A rappresentare, in due ore e mezzo, ieri, oggi e domani. Il passato con il pianoforte rigoroso, il presente con il piano elettrico e i suoni che fluttuano come aria e acqua, e il futuro con il clavinova. «Per muovermi in una sorta di circolo antiorario, anche per sconfiggere il tempo che passa. Tre caravelle che spero mi portino alla scoperta di una mia America». La scaletta, circa una trentina di pezzi partendo da Solo e finendo con La vita è adesso, pesca in 50 anni di successi, «e non è mai semplice, si combatte con pezzi cardinali della memoria collettiva. È meglio a inizio carriera quando hai un album o due», sorride.
«Ci sono dei pezzi che sicuramente rimangono in un calendario oramai distante, altri che hanno avuto il passaporto del tempo e sono di nuovo attuali, mentre altri ancora, e ce ne saranno diversi in questa performance, che invece sono molto meno usuali nei miei repertori».
Baglioni ha debuttato in un giorno importante per la politica italiana, il via alle votazioni per il presidente della Repubblica. «Non ho un nome preferito per il Quirinale, ma ho un augurio: che si faccia presto. Gli uomini politici devono fare politica piuttosto che passare il tempo a discutere se fare eleggere il mio o il tuo. L’Italia ha bisogno di politica».
«Mi auguro - ha continuato Baglioni - che visti i tempi che abbiamo vissuto ci sia un vero allentamento dei derby che si giocano di solito in Italia. Basta guelfi e ghibellini. Il presidente della Repubblica è una figura esemplare ed emblematica e mi piacerebbe che i politici evitassero di fare anche di questa materia l'ennesimo sondaggio per vedere chi è più bravo».
Dodici note solo, che dopo Roma toccherà Parma, Mantova, Ravenna, Forlì e giù e su per la Penisola fino a fine aprile, è quello che precederà in estate il Dodici note (12 date a Caracalla, poi due a Siracusa e due a Verona), «con una grande orchestra, un coro lirico, la mia band e altri solisti. Diciamo che sono proprio gli estremi, tutti e solo».
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