Domenica 17 Novembre 2024

Scala di Milano, successo per "Attila": parata di vip per la prima e oltre 2 milioni di incasso

Il ballerino Roberto Bolle
Riccardo Chailly
Riccardo Chailly e il cast
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella con Mario Monti al Teatro alla Scala di Milano
Un’ospite alla Scala
Riccardo Chailly
Dalila Di Lazzaro
Mario Monti
Diana Bracco, presidente di Fondazione Bracco
Idlar Abdrazakov e Saioa Hernandez
Il sovrintendente australiano Alexander Pereira
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella con Liliana Segre al Teatro alla Scala di Milano
ll tenore Fabio Sartori
Davide Livermore
L’ex ministro Pier Carlo Padoan
Il russo Ildar Abdrazakov
Il Ceo di Allianz Giacomo Campora
Il baritono George Petean, il soprano Saioa Hernandez, il basso Ildar Abdrazakov e il tenore Fabio Sartori
Il direttore Davide Livermore ringrazia il pubblico per gli applausi

L'Attila dell’inaugurazione 2018 supera a pieni voti l’esame del pubblico più verdiano: grande successo per la scelta del direttore musicale scaligero Riccardo Chailly, per la sua direzione dell’orchestra e per lo spettacolo firmato da Davide Livermore in una grande serata di spettacolo, trasmessa in diretta da Rai 1 e in 37 luoghi di proiezione nei 9 municipi di Milano, fra cui San Vittore.

Una serata che ha visto alla Scala la presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, lungamente applaudito (oltre 5 minuti) al suo ingresso nel palco, e della seconda carica dello Stato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, oltre a quella dei ministri dei Beni culturali, Alberto Bonisoli, dell’Istruzione, Marco Bussetti e dell’Economia, Giovanni Tria.

Alla chiusura del sipario gli applausi sono stati intensi e calorosi per tutti gli interpreti, 15 minuti: Ildar Abdrazakov un successo personale il suo - nei panni di Attila, Saioa Hernandez (Odabella), George Petean (il generale romano Ezio), Fabio Sartori (Foresto); e poi Francesco Pittari (Uldino) e Gianluca Buratto (Leone).

Grande protagonista dell’opera il Coro della Scala, applauditissimo, diretto da Bruno Casoni. Intensi applausi al suo ingresso in proscenio per Riccardo Chailly. Ed è piaciuta anche la regia di Davide Livermore - anche se con qualche riserva - che ha ambientato la vicenda di Attila nella prima metà del '900. Quindi i costumi di Gianluca Falaschi si riferiscono a un periodo fra le due guerre, comprese le uniformi dei soldati, berretti nazisti, fucili, pistole. In palcoscenico anche un camion e due cavalli, nero per Attila e bianco per Papa Leone, mentre il generale romano Ezio ha fatto il suo ingresso su una moto/sidecar.

Le scene di Giò Forma, ricche di simboli: in un breve filmato la spiegazione dell’antefatto, con Attila che uccide il padre di Odabella. E poi archi romani sbrecciati, rovine archeologiche di città distrutte. Video design (di D-Wok) e l’uso massiccio della tecnologia led (a cura di Antonio Castro), drappi tricolore in mano a Foresto e anche a Odabella dopo l’uccisione di Attila.

Per gran parte degli spettatori Attila è stata una scoperta che ha entusiasmato: a cominciare dal coinvolgente preludio, poi nel prologo, con la forza dirompente del personaggio di Odabella, subito all’inizio con «Santo di patria indefinito amor!» e la cavatina seguente, applaudita a scena aperta. Poi, via via, col rifiuto sdegnato del re degli Unni alla proposta del generale romano Ezio ("Avrai tu l’universo. Resti l’Italia a me"). Questo Attila non è certo 'il flagello di Diò della tradizione storica ma un guerriero, spietato sì ma leale, capace di amare e con una statura morale tale da redarguire aspramente Ezio: «Dove l’eroe più valido è traditor, spergiuro, ivi perduto è il popolo...» E il grande ponte in ferro e pietra che domina la scena e che Livermore avrebbe voluto far crollare, si divide in due parti che si allontanano, in rispetto per la tragedia del ponte Morandi.

Ma il pubblico è stato catturato anche da altri momenti dell’opera come nel sogno premonitore di Attila descritto da Livermore con l’immagine dell’affresco di Raffaello in Vaticano che ritrae l’incontro fra Attila e Papa Leone: un’immagine evanescente, con l’affresco che si anima grazie alla computer graphic, che infine svanisce come un ologramma. Sogno che sconvolge il re degli Unni prima del successivo, reale incontro con Papa Leone che gli impone di star lontano da Roma.

Fino al banchetto orgiastico - con citazioni del 'Portiere di nottè di Liliana Cavani - in cui Odabella fa cadere a terra la coppa col veleno che avrebbe ucciso Attila, sol perché vuole ucciderlo con le sue mani, per vendicare il padre: un odio terribile che getta un’ombra di tristezza anche sull'amore di Foresto per lei, a cui Verdi dedica, nel primo debutto alla Scala, il 26 dicembre 1846, una bellissima romanza mai più eseguita in un teatro d’opera fino a questa sera: «Oh dolore! Ed io vivea».

Poi le 5 battute di Rossini in omaggio a Verdi - una prima assoluta annunciata da Chailly nei giorni scorsi - appena prima del terzetto del terzo atto, con Odabella, Foresto ed Ezio. Poco dopo ad essi si unirà Attila, e non sfuggirà al suo destino di morte per mano della donna che ha amato. Le sue ultime parole, che ricordano la morte di Giulio Cesare in Senato, sono per lei: "E tu pure, Odabella!». Si chiude il sipario e partono gli applausi del pubblico, lunghi, intensi, calorosi.

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