Lunedì 23 Dicembre 2024

Nei panni di Veronica Lario, Elena Sofia Ricci a Taormina vince il Nastro d'argento

 
Elena Sofia Ricci
«Io e Francesco - scherza - siamo una sorta di coppia difatto: giriamo insieme anche “Che Dio ci aiuti“. Lo considero ilmiglior regista di commedia che ci sia, riesce a trovare ilgiusto equilibrio tra la parte comica e quella tenera. È il redella commedia». Per ridare un pò di smalto alla fiction nelGarbatella-style, sono state previste anche tre puntate speciali(di 100 minuti ciascuna) nelle quali i Cesaroni si troverannocatapultati in Sicilia, a Milano e nella Roma antica.
Unica eccezione a quello chesembra essere una sorta di mantra, il ritorno, dopo una stagionedi assenza, nel ruolo di Lucia, la mamma dei Cesaroni.

Una carriera costruita senza pregiudizi tra cinema, teatro, televisione e radio, guidata dalla «voglia di sfuggire alle etichette. Io non amo stare troppo a fare la stessa cosa, mi piace crearmi percorsi a ostacoli. E Loro è stata una di quelle sfide che amo. Mi ha messo in difficoltà, mi ha portato a mettermi in discussione, ho dovuto alzare l’asticella e fare un salto bello alto». Lo dice sorridendo e con l’abituale garbo Elena Sofia Ricci, che per la sua performance nei panni di Veronica Lario, nel doppio film di Paolo Sorrentino su Silvio Berlusconi, ha vinto il Nastro d’argento come miglior attrice protagonista. Un successo che arriva qualche giorno dopo l’annuncio della messa in onda su Rai1 nella prossima stagione di Che Dio ci aiuti 5 ("Stiamo già girando, quelli di suor Angela sono panni molto comodi è bello tornarci, sul quel set siamo come una famiglia"). Per lei, che di Nastri ne aveva già vinti due come attrice non protagonista con Io e mia sorella (1988) e Mine Vaganti (nel 2010, insieme a Lunetta Savino), «questo premio (che dedica, emozionandosi, alla madre) ha un altro sapore, è inaspettato. Non pensavo che sarebbe arrivata un’opportunità così straordinaria e diversa, come il film di Paolo, in un’età nella quale invece i bei ruoli da protagonista diventano molto meno frequenti». Si trattava di interpretare «non un personaggio, ma una persona, che c'è. Ho sentito fortissimo il senso di responsabilità di ritrarre una donna che ha sempre messo in primo piano la discrezione e la riservatezza. Mi sono avvicinata al compito con rispetto e pudore». Nell’impersonarla, «ci ho messo anche molto cuore, facendo appello a quei momenti della vita che molti di noi conoscono, come l’affrontare il fallimento di un matrimonio nel quale sono nati dei figli, recuperando il senso della propria dignità. In certi tratti si possono riconoscere molte donne, ma anche molti uomini, che forse sono stati dalla sua parte». Essere sul quel set, «in quell'atmosfera di concentrazione che sa creare Paolo è stata una delle emozioni più grandi della mia carriera». Ha avuto modo di incontrare Veronica Lario? «Solo una volta nella hall di un albergo, ci siamo viste da lontano e lei mi ha fatto un cenno di saluto, mi piacerebbe molto poterla incontrare... sapere se è contenta della mia interpretazione...». Ora per l’attrice, oltre a un progetto ancora top secret, c'è la ripresa della tournée in Vetri rotti di Arthur Miller e la preparazione di una regia teatrale «un po' folle. Io ho iniziato in palcoscenico, e ci torno tutte le volte che sento il bisogno di rimettermi alla prova». C'è anche un soggetto scritto da lei, che potrebbe diventare un film: «E' una storia molto nera, un thriller psicologico, su una donna affetta da una rara psicopatologia, un tema che mi affascina. Vorrei realizzarlo come autrice e interprete, ma non come regista». Cosa pensa del movimento metoo? «Lo scandalo è esploso come una pentola a pressione ed è stato un bene, per attirare l’attenzione su certi temi. Ma non si può generalizzare e ci sono moltissime sfumature. Il punto di riferimento, ed è quello che sto cercando di insegnare anche alle mie figlie, è il rispetto per se stessi. Se non ce l’hai, non lo avranno verso di te neanche gli altri. Poi la parola femminismo mi fa paura quanto la parola maschilismo. Si parla di persone, che vanno rispettate».

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