LONDRA. Un film all’anno può bastare.
Julia Roberts non rompe la regola aurea di questo scorcio di carriera e, pur precisando di non essersi imposta alcuna rigida "equazione matematica", riconosce che nei fatti va così. E le "va bene".
«Facile dire no» a qualche proposta 'di troppo', taglia corto in risposta a una domanda alla presentazione londinese (e mondiale) di 'Wonder', di Stephen Chbosky, pellicola dalle emozioni buone - tratta dal commovente romanzo dell’autrice R.J. Palacio - che la vede recitare con Owen Wilson nei panni dei genitori di un bambino nato col volto sfigurato: quasi un piccolo Elephant Man, eppure capace di rompere le barriere del pregiudizio o della ripugnanza e a farsi accettare come «una meraviglia» (wonder, appunto), grazie al suo coraggio, alla famiglia, agli amici, allo scuola.
Un film toccante e allo stesso tempo ottimista, come una sfida ai molti lati bui della realtà che ci circonda, nel quale le due star adulte (senza dimenticare un prezioso cameo di Sonia Braga) affiancano e guidano attori bambini e adolescenti d’impeccabile professionalità.
A cominciare dal canadese Jacob Tremblay: sorta di John Hurt in miniatura sotto la maschera di Auggie (August), il bimbo dal volto deforme, e capace d’entrare in contatto - «per ispirarsi», racconta - con coetanei alle prese davvero con questa condizione in un ospedale di Toronto.
Un film che «mi ha migliorato», anche come uomo, dicono all’unisono Owen Wilson e il regista Chbosky. Il quale ultimo, sollecitato, non manca di rendere omaggio ai 'precedenti' di 'The Elephant Man' o di 'The Mask', di Peter Bogdanovich. Ma riconosce il suo debito anche e soprattutto a titoli come 'ET'.
Il messaggio, conclude Julia Roberts, è che in fin dei conti "tutti siamo speciali», ciascuno diverso a suo modo. E «l'amore in famiglia» è una chiave importante per affrontare il destino: da non trascurare poiché «i nostri giorni sono brevi».
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